TOGLIATTI FOTOGRAFO

1. L’attività fotografica di Palmiro Togliatti si è svolta pressoché interamente nell’ambito privato e familiare, senza sovrapposizioni con il suo ruolo di segretario generale del Pci. Ciò non significa segretezza, ma appartenenza ad una sfera privata mantenuta sempre distinta dell’attività politica e dal profilo pubblico del leader dei comunisti italiani.
Un’attività amatoriale, dunque, in quel secondo dopoguerra in cui la fotografia è ormai relativamente accessibile ai dilettanti e al ceto medio per riprendere eventi familiari, gite domenicali, vacanze. Un dispositivo memoriale comune a molte famiglie: una volta sviluppati e stampati i rullini in un negozio di ottica qualche foto viene scelta, valorizzata, incorniciata, regalata, mentre le altre finiscono in qualche busta o contenitore (tipicamente, una scatola da scarpe) per essere poi riscoperte a distanza di anni dai figli ormai diventati grandi. Nei mercati all’aperto come il Balôn a Torino o Porta Portese a Roma se ne trovano moltissime, e quasi mai è possibile risalire, dalle scritte eventualmente presenti sul retro, alle persone e alle situazioni fotografate.

Tutto era cominciato nel 1924-25 quando la tedesca Leitz aveva rivoluzionato la fotografia con la sua Leica: una compatta e leggera fotocamera 35 mm, di soli 350 grammi di peso, con una pellicola 24×36, presto con telemetro e obiettivi intercambiabili. Semplice nel funzionamento e nella messa a fuoco, cambiò la storia del fotogiornalismo ma coinvolse anche migliaia e migliaia di dilettanti, anche in Italia, e si diffuse ulteriormente con il timido benessere del dopoguerra.
La concorrenza aveva prontamente reagito alla Leica con la Contax della Zeiss e la Retina della Kodak, accettando generalmente il formato 24×36 (per tutti il “formato Leica”), ma non mancarono le imitazioni. L’Urss produsse copie della Leica già negli anni Trenta; poi, con la divisione postbellica della Germania, i macchinari della Zeiss di Dresda che erano in parte sopravvissuti ai bombardamenti furono trasferiti alla Arsenal di Kiev, dove fu realizzata una replica della Contax. Le fotocamere sovietiche ispirate alla Leica furono la Fed, realizzata sempre in Ucraina, a Kharkov, e la Zorki a Krasnogorsk, vicino a Mosca. Nella Ddr l’attività di fabbricazione di ottiche e apparecchi proseguì (come con Exacta e Praktica) e fu largamente apprezzata. È dunque verosimile che alcune di queste macchine, solide ed efficienti, abbiano costituito – nelle versioni più complete – un regalo per personalità e delegazioni in visita.
Togliatti, come testimonia Marisa Malagoli Togliatti, possedeva più macchine fotografiche. Una Contax l’aveva ricevuta in dono: la vediamo in varie foto. Altre immagini, scattate a Capri, mostrano una Ducati Sogno, raffinata fotocamera allora costruita dall’industria bolognese oggi famosa per le sue moto.
Per Togliatti la fotografia appare come un dispositivo memoriale annesso ai ristretti margini di tempo libero concessi alla famiglia: Nilde, Marisa e lui tra Montesacro, Frattocchie, la Val d’Aosta, più qualche gita in città d’arte o al mare. La montagna, soprattutto, è il luogo in cui – da buon piemontese – l’uomo Togliatti si riposa e coltiva i suoi affetti. La fotografia è un complemento della sua curiosità. Così risponde al questionario (1963) che gli è proposto dalla rivista femminile “Grazia”: “Mi interesso di botanica. Faccio delle fotografie. Leggo, se vuol proprio saper tutto, anche la “Settimana enigmistica”! Ma ho poco tempo a disposizione per queste cose.”(1)
Cercando nell’immagine pubblica di Togliatti (le foto che lo ritraggono nella sua attività politica) emerge chiaramente il suo desiderio di apparire come un uomo di pensiero. La sua vita privata, affettiva e familiare non doveva certo sparire ma rimanere sullo sfondo. Chiese di vedere personalmente le bozze del libro fotografico per i suoi sessant’anni “per evitare sconcezze”(2). A parte le immancabili foto di gruppo nella vita di partito e al microfono sul podio di qualcuno dei tanti comizi, molte sono le immagini in cui Togliatti legge, o scrive; ed anche gioca a scacchi, il gioco certamente più cerebrale che ci sia. Rigorosamente da solo: non si vede nemmeno l’ipotetico avversario della partita a scacchi, più una simulazione in solitario che un contatto reale con un altro giocatore. Dunque, un uomo che pensa e poi, come la mossa fatale di un pezzo sulla scacchiera, sceglie. L’immagine di un decisore solo; del resto anche la figlia di Alcide De Gasperi intitolò la biografia del padre De Gasperi uomo solo.(3)

2. Cosa c’è in queste 45 immagini in bianco e nero, scelte accuratamente e con grande passione da Alessandra Imbellone e Luigi Martini? Le immagini della montagna, Nilde, Marisa, amici (non molti) che vengono a trovarli, panorami, boschi, un cane. Un immaginario composto e privato; nessuna di queste immagini è finita sulla stampa di partito, sono sempre state conservate in famiglia. Diversamente dall’immagine pubblica, qui Togliatti non è solo, ma circondato da pochi, selezionati affetti. Porta con sé la macchina fotografica, scatta immagini, è ripreso a sua volta dall’accompagnatore-autista Giacomino (Barbaglia), esperto montanaro, già partigiano in Val d’Ossola. Riceve visite di amici, parenti e compagni: ma sono “amici compagni”, non visite di prammatica o delegazioni ufficiali.
Le foto più delicate, quasi intime, sono scattate da Togliatti all’Istituto di Studi comunisti (dai molti successivi nomi: per molti di noi semplicemente ”Frattocchie”) al km. 22 della via Appia, lungo il rettilineo che sale ai Colli Albani. I Due Santi, il Torraccio, le Frattocchie: luoghi gaddiani che, nel “Pasticciaccio”, percorre in motocicletta il brigadiere dei Carabinieri Guerrino Pestalozzi, peraltro piemontese della Val d’Ossola anche lui, con “la rapidità d’uno scatto di Leika”(4). Un alto muro e un pesante cancello allontanano dalla villa di proprietà del Partito i rumori del traffico sulla vicina Via Appia, la “Regina Viarum”, ma anche la strada che vide crocifissi i gladiatori ribelli di Spartaco. Sito di riposo e di studi, tra alberi di alto fusto e resti archeologici: guardando i volti presenti nelle foto, questo sembra veramente il luogo della serenità colta e familiare di Togliatti. Qualcuno di noi, ancora molti anni dopo, frequentando la scuola di partito diventata il centro del sistema formativo dei quadri comunisti, ne avvertiva la presenza percorrendo i viali ben curati e le ampie sale, tra quadri e sculture dei migliori artisti contemporanei.

Luoghi di vacanza, convalescenza e riposo, gite al mare (che Marisa Malagoli non aveva mai visto) o nella montagna laziale, più facilmente accessibile dell’amato Piemonte per brevi pause da una convulsa attività politica: il lato personale e umano di un politico che guida un gruppo dirigente composito, denso di vicende personali complesse anche per la clandestinità e l’esilio. Un totus politicus che non intreccia famiglia e politica, e rivendica, rispetto al gruppo dirigente, una distanza tra pubblico e privato, una discrezione che comprende anche i problemi genitoriali e familiari che lo afflissero.
Con la loro apparente semplicità, che cela il faticoso sforzo di mantenere un adeguato spazio per gli affetti e di coltivarli, queste foto aggiungono, se così si può dire, una “terza dimensione” dell’uomo Togliatti: il decisore-pensatore, il leader autorevole che combatte per la propria indipendenza e per il successo del partito e dell’idea, che ora vediamo anche nello spessore dei suoi affetti, della vita familiare, del ritorno alla sua terra di origine.
Siamo quindi di fronte ad un contributo significativo che guarda alla storia politica di un lungo periodo del secondo dopoguerra e in particolare al rapporto, mai definitivamente risolto, fra pubblico e privato.

1 Fondazione Gramsci, Archivio Palmiro Togliatti, Scrivania di casa.

2 L’11 febbraio 1953 scrive a Longo: “Ho qualche dubbio per l’album di fotografie, perché temo, anzi sono sicuro che verrà una cosa brutta, pacchiana. Ho visto come sono state conciate le foto trovate dai miei fratelli: un orrore! Preferirei le fotogr.[afie] nella biografia o in appendice. Ad ogni modo, chiedo di veder la cosa, per evitare le sconcezze”; ora in Palmiro Togliatti, La guerra di posizione in Italia: Epistolario 1944-1964, a cura di Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi, Torino, Einaudi, 2014. Togliatti si riferisce al libro fotografico Vita di un italiano (a cura di S. Scuderi, Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953). Un secondo libro fotografico dallo stesso titolo Togliatti vita di un italiano, sarà curato da Franco Prattico (Milano, Edizioni del Calendario, s.d. ma 1964).

3 Francesca Romana Catti De Gasperi, De Gasperi uomo solo, Milano, Mondadori, 1964.

4 Carlo Emilio Gadda, Quel pasticciaccio brutto di Via Merulana, Milano, Garzanti, 1957, capp. VII e VIII. La citazione della Leika (sic) è a pag. 239 dell’ed. 1971. La provenienza ossolana del brigadiere è enunciata ben due volte, alle pagg. 170 e 218.

Enrico Menduni