TOGLIATTI FOTOGRAFO

La mia convivenza con Palmiro Togliatti e Nilde Iotti è iniziata quando avevo sei anni, a fine marzo 1950, in seguito a un evento traumatico che il 9 gennaio colpì la mia famiglia: l’uccisione di mio fratello Arturo nell’eccidio delle Fonderie Riunite di Modena. Aveva 21 anni. In accordo con i miei genitori, Togliatti e Iotti chiesero di affiliarmi, quindi venni a Roma per vivere con loro. Le foto selezionate per questo racconto ravvivano in me ricordi sopiti.

Estate 1950

La grande casa di Largo Arbe mi permise di scoprire tante cose nuove: la luce elettrica, la radio (ricordo che i primi giorni cercavo la persona di cui ascoltavo la voce andando dietro l’apparecchio radio), poi il bagno e un letto tutto mio. Togliatti e Iotti divennero per me lo zio e la zia.
Nel 1950, per la prima volta, vidi il mare a Lavinio. Lo avevo visto solo sull’abbecedario e ne restai stupita: non era un muro blu, ma un’immensa distesa di acqua increspata da onde che andavano e venivano sulla lunga distesa di sabbia.
Con lo zio condividevo una grande scrivania di legno scuro. Da un lato lui lavorava ai suoi articoli, correggeva quelli per “Rinascita” e leggeva i giornali; dall’altro io facevo i compiti. Ogni tanto gli rivolgevo domande o gli chiedevo aiuto. Finiti i compiti li rivedevamo insieme e lo zio correggeva con la matita, poi andavo a giocare in giardino.
Mi dedicava gran parte del tempo libero di cui poteva disporre. Condividevo anche il tifo per Coppi e per la Juventus (ma oggi tifo per la Roma). Lo osservavo mentre faceva le parole crociate, quelle a schema libero, munito di gomma e matita. Era soddisfatto solo quando riusciva a completare tutto lo schema, incrociando le diverse parole e inserendo le caselle nere. Penso che in qualche modo fosse la metafora del suo cercare le soluzioni ai problemi politici complessi che doveva affrontare.
Con lui facevo soprattutto le lunghe passeggiate che la domenica mattina poteva permettersi a Roma e nei dintorni: a Montesacro, alla Marcigliana, ai Castelli romani, nelle pinete di Ostia e Fregene, a

Sorrento, novembre 1950

Fiumicino, a Ostia antica, a Tivoli, sulle rive dei laghi di Bracciano e di Vico, a Caprarola o in riva al mare, e poi, ad agosto, in montagna.
Ogni tanto eravamo soli, senza la zia che per il fine settimana andava a Reggio Emilia e nelle città del suo collegio elettorale. Una fotografia mi ritrae mentre accarezzo sul muso un asinello. Era maggio del 1953, stavamo camminando sui Campi di Annibale sopra Rocca di Papa e a un certo punto raccolsi da terra un ferro di cavallo. Togliatti lo considerò un segno di buon auspicio in vista del risultato elettorale del 7 giugno contro la “Legge Truffa”: la sperata vittoria. Preso dall’entusiasmo, scattò la foto.
I ricordi più significativi riguardano le vacanze in montagna, che per lo zio incarnava la memoria della sua gioventù, quando sua madre Teresa Viale partiva con lui e gli altri figli: Eugenio (Nino), Cristina ed Enrico. Andavano ad abitare in alta montagna, nelle capanne presso i pastori, sulle Valli di Lanzo, a Ceresole Reale, in Val d’Aosta. I quattro fratelli Togliatti scalavano le cime dei dintorni, fin quando una tovaglia bianca stesa vicino alla malga li avvertiva che era pronto il pranzo.
Negli anni Cinquanta, con lo zio e la zia facevo lunghe passeggiate tra prati e boschi delle vallate vicino a Courmayeur, a Champoluc, a Cogne, ma anche gite più impegnative fino ai rifugi del Monte Bianco e del Monte Rosa. Eravamo noi tre con Giacomo Barbaglia, l’autista assegnato dal Partito, che da esperto montanaro ci guidava per i sentieri e le ferrate. Giacomino era un vero alpinista: aveva fatto il partigiano con Cino Moscatelli in val d’Ossola, sul lago d’Orta. Era un uomo molto taciturno, cominciava a parlare solo quando superavamo i 2000 metri di altezza: permetteva però che lo zio e la zia seguissero me e i miei amici mentre scivolavamo giù per i nevai utilizzando le giacche a vento come slitte.

In vacanza, fine anni ’50

Lo zio era un grande appassionato di fotografia. Possedeva più macchine fotografiche. Una, di fabbricazione tedesca, gli era stata regalata: una Contax, con telemetro e mirino combinati insieme. La armeggiava con teleobiettivi, grandangoli, filtri vari e quanto di più adatto a ritrarre le persone (Nilde, io, gli amici), o a fotografare i paesaggi.
Quando il negozio gli restituiva i rullini stampati li guardavamo insieme tutti e tre, a volte anche con amici. La zia era molto contenta di questo suo hobby. Togliatti ha continuato a fotografare fino al 1964, ma gran parte delle fotografie scattate negli ultimi anni sono andate perdute nei vari traslochi.
Oltre allo zio, anche Giacomino scattava fotografie con la macchina che gli veniva affidata da Togliatti: era sempre con noi in montagna, mentre a Roma faceva i turni con Sergio Bistoncini e Enzo Braglia.
Le vacanze in montagna sono proseguite fino al 1963. Nel 1964, ai primi di agosto, invece di andare a Cogne partimmo per Mosca.

Marisa Malagoli Togliatti