Numero 1
gennaio - marzo 2019 anno 60

Sommario e abstract degli articoli

Il carteggio, in gran parte inedito, scandisce una fitta trama di progetti, scambi di idee e polemiche personali lungo un arco cronologico che va dal 1951 al 1965 e ci permette di chiarire il retroterra delle dispute accademiche ed epistemologiche che animarono, nel secondo dopoguerra, la rifondazione dell’antropologia italiana su basi gramsciane. La battaglia politica contro le angustie elitarie del crocianesimo aveva cementato uno stretto legame tra Cirese e de Martino negli anni del «dibattito sul folklore». Tale intesa si era incrinata per via di disaccordi accademici sull’autonomia epistemologica e disciplinare del campo folklorico dalle scienze storiche. Inoltre la collaborazione si interruppe, fra il 1955 e il 1960, poiché Cirese accusò il piú anziano collega di avergli sottratto il suo tema di ricerca: la lamentazione funebre. I due studiosi si ritrovarono entrambi all’Università di Cagliari fra il 1960 e il 1965. E qui le divergenze personali vennero superate dalla comune prospettiva di muoversi dalla «stessa parte della barricata politica» nella difficile opera di costruzione di una moderna scienza antropologica. Dalle lettere e dai materiali inediti emerge la profondità del loro dialogo e la genesi di concetti teorici cruciali del pensiero demartiniano come la «destorificazione» e l’«etnocentrismo critico».

Parole chiave: antropologia culturale italiana, studi demologici gramsciani, morte e pianto rituale, crocianesimo, storicismo

 

«The Truth is at home between Palazzo Filomarino and the Sasso of Matera ». A correspondence between Alberto Mario Cirese and Ernesto De Martino

The largely unpublished correspondence between Alberto M. Cirese and Ernesto De Martino shows a dense network of projects, intellectual exchanges and personal polemics in the years from 1951 to 1965. These documents allow us to clarify the background of academic and theoretical disputes that marked the re-foundation of Italian anthropology – during the postwar period – upon Gramscian bases. The political battle against the elitism of Croce’s philosophy had cemented a close link between Cirese and de Martino in the framework of the «folklore-debate». Their agreement, however, was flawed due to academic disputes on the autonomy of folklore-as-science (in relation to the larger field of historical sciences). Moreover, their collaboration broke off between 1955 and 1960, when Cirese accused his older colleague of having «stolen» a research theme – that of the funeral lament or ritual weeping. Subsequently, the two scholars met again at the University of Cagliari, between 1960 and 1965. Here, personal differences were partially overcome by the common prospect of moving from the «same side of the political barricade» and into the difficult construction of a modern anthropological science. Letters and other unpublished materials bring out the depth of their dialogue, and the genesis of crucial theoretical concepts of De Martino’s thought, such as «destorification» and «critical ethnocentrism».

Keywords:  Italian cultural anthropology, Gramscian demological studies, death and ritual crying, Crocianism, historicism

Ricerche

Il saggio indaga il significato politico di un affresco di fine Trecento conservato nella chiesa di San Giorgio a Lemine. Malgrado il tema religioso del dipinto (è un trittico in cui figurano San Giorgio, La vergine col Bambino che impara a leggere, Sant’Alessandro), un’analisi attenta rivela che si tratta in realtà di un’allegoria politica: la concordia tra i Guelfi e i Ghibellini. E qui sta l’interesse per il dipinto: se infatti le fonti sono solite veicolare alcune voci sulle fazioni (quelle dei giuristi, dei predicatori, degli officiali), questo affresco consente invece di udire la voce delle fazioni stesse, in particolare i loro ideali di convivenza politica.

Parole chiave: fazioni, Guelfi, Ghibellini, iconografia politica, Rinascimento

 

The concord of the factions. Notes on a rare iconographic theme in the frescoes of San Giorgio di Lemine (late 14th century)

This essay aims at unveiling the political meaning of a late fourteenth century fresco in the church of St George of Lemine, in the north of Bergamo. Despite the religious iconographic theme (St George and the dragon, Madonna and Child who is learning to read, and St Alexander), it concerns a political allegory: concord among the Guelph and Ghibelline factions. And here lies the painting’s interest: whereas the sources usually convey some voices on the factions (those of the jurists, preachers, officials), this fresco allows us to hear the voices of the factions themselves, and especially their ideals of political coexistence.

Keywords:  factions, Guelphs, Ghibellines, political iconography, Renaissance

Nonostante il progredire degli studi sull’Inquisizione romana e l’abbondanza della documentazione superstite, rimangono frammentarie le informazioni inerenti alla familia dell’Inquisizione romana, l’ampio personale che nei secoli assistette i difensori dell’ortodossia ovunque essi operarono. L’articolo offre uno studio complessivo della bibliografia sull’argomento, i cui risultati vengono qui contestualizzati alla luce di documentazione inedita, vaticana e italiana. Per comprendere l’importanza che questo entourage ebbe nel complesso funzionamento del tribunale in Italia si è rivolta l’attenzione soprattutto al periodo medievale della familia, quando l’istruzione delle prime inchieste palesò quanto fosse necessario per la corte di giustizia disporre di fidati assistenti e di guardie a difesa degli inquisitori. Ampio spazio è dedicato all’analisi delle confraternite che assistettero i frati giudici, la piú diffusa delle quali fu la Compagnia della Croce o di San Pietro Martire. La sua evoluzione tardomedievale, seppur difficilmente ricostruibile, rimane di fondamentale importanza per capire il riuso apologetico che ne fecero in seguito il Sant’Uffizio romano (1542) e gli inquisitori della piena Controriforma. Il caso offerto è quello dell’inquisitore domenicano Cipriano Uberti, la cui Opera della Croce (1585-1586), qui discussa nel particolare, permette di comprendere il ruolo strategico avuto da questi sodalizi religiosi nella lotta al dissenso religioso del Cinquecento. La familia divenne cosí un grimaldello attraverso il quale frammentare e controllare i ceti dirigenti della penisola.

Parole chiave: Inquisizione, confraternite, crocesignati, Sant’Ufficio, Compagnia della Croce

 

The crocesignati and the origins of the Familia of the Roman Holy Office

Information about the Roman Inquisition’s familia is still fragmented, despite the progress in Inquisition studies and the abundance of documents produced by these employees. Firstly, the article offers a general study of this topic’s bibliography and, secondly, it tries to improve our knowledge regarding the familia with some new documents from the Vatican and Italian archives. In order to understand the importance of this entourage for the functioning of the Roman Inquisition, wherever it was operative, attention has been focused on the Medieval period of the familia, when the inquisitors realised the need to have helpers and guards of their own. A considerable part of this study is dedicated to the confraternities that assisted the inquisitors: the most important was the Compagnia della Croce or di San Pietro Martire. Its Late Medieval evolution, albeit hard to reconstruct historically, is fundamental for understanding the apologetic way through which the Holy Office in 1542, and the inquisitors of the Counter- Reformation, tried once again to use this religious association. The example used here is that of the Dominican inquisitor Cipriano Uberti, author of the Opera della Croce (1585-1586): this work allows us to appreciate how strategic these confraternities were for an inquisitor at the end of the 16th century. The inquisitorial familia was to become a very useful instrument for the division and control of the ruling class on the Italian peninsula.

Keywords:  Inquisition, confraternities, crocesignati, Holy Office, Compagnia della Croce

Nel 1933, Israel Joshua Singer pubblicava negli Stati Uniti una novella dal titolo The Sinner (Yoshe Kalb), in cui rielaborava la storia di un episodio veramente accaduto e narratogli dal padre, rabbino chassidico, durante l’infanzia in Polonia. Yoshe Kalb è un vagabondo che vive mendicando nei villaggi della Galizia. Il rabbino Melech di Nyesheve riconosce in lui Nahum, il genero scomparso molti anni prima. La questione della sua identità, porta con sé il pericolo della commissione di un tremendo reato, quello di bigamia, quando si scopre che Yoshe è già sposato con Zivyah, una giovane demente di una città vicina. La comunità ebraica decide di dirimere la questione attraverso l’istituzione di un tribunale composto da settanta rabbini appartenenti alle diverse comunità della Galizia. Il racconto illustra straordinariamente il tema del processo nel diritto talmudico, descrivendone molti profili specifici, come quelli del diritto applicabile, la composizione della corte, la competenza e il ruolo dei giudici, il regime probatorio e i dispositivi decisori. L’esito della vicenda sarà per molti versi eccezionale e sorprendente e, tuttavia, ossequioso del precetto biblico – imperscrutabile e tremendo – «giustizia, giustizia seguirai» (Deut 16,18).

Parole chiave: chassidismo, diritto talmudico, cultura ebraica, giustizia sociale

 

The sense of justice in the Hasidic world (eighteenth-nineteenth centuries). Legal hermeneutics of the Yoshe Kalb case

In 1933, Israel Joshua Singer published a novel in the United States, The Sinner (Yoshe Kalb), in which he related a true episode told to him by his father, a Hasidic rabbi, during his childhood in Poland. Yoshe Kalb is a beggar who lives wandering in Galicia; the important Rabbi Melech of Nyesheve recognizes him as Nahum, his son-in-law who disappeared many years before. The question of the stranger’s identity raises the danger of bigamy, because Yoshe is already married to Zivyah, a mad young woman living near the village. The Jewish community has to ascertain the truth and it does so by establishing a court composed of seventy rabbis belonging to the different communities of Galicia. The story illustrates the trial, describing many specific profiles, such as the applied law, the composition of the court, the competence and role of judges, the rules of evidence and the decision-making process. The final outcome is not only exceptional and surprising but also adheres to the inscrutable and terrible biblical precept: «justice, justice you shall pursue» (Deut 16,18).

Keywords:  Hasidism, Talmudic Law, social justice, Jewish culture

L’articolo si propone di analizzare la crisi dello Stato liberale italiano durante l’età giolittiana attraverso la ricostruzione delle declinazioni tanto giuridiche e quanto pratiche delle tematiche della legittima difesa e della costituzione di corpi armati. La prima parte è dedicata al dibattito giuridico su porto d’armi, legittima difesa e corpi armati, con un’attenzione specifica alle posizioni dei positivisti e del giurista Vincenzo Manzini. Al tempo stesso, le questioni di dottrina non restano confinate a trattati ed enciclopedie giuridiche ma riflettono declinazioni pratiche di cruciale importanza sul terreno delle lotte sociali. Pertanto, nella seconda parte, l’articolo affronta l’analisi dell’evoluzione del quadro giuridico relativo a guardie notturne e guardie campestri al fine di sondare i cambiamenti della funzione sociale della proprietà privata e del ruolo dello Stato nella difesa dell’ordine. Infine, attraverso due casi studio (le Pattuglie cittadine di Bologna e i Volontari lavoratori di Parma) vengono esaminati i processi di legittimazione politica e giuridica attraverso i quali dei privati cittadini si arrogano il diritto di reprimere in prima persona scioperi e disordini sociali. A emergere è una critica profonda dei fondamenti della legittimità dello stato liberale in nome di una sorta di legittima difesa di classe e di una riappropriazione della sovranità con chiare spinte eversive.

Parole chiave: legittima difesa, corpi armati, Italia liberale, eversione, monopolio della forza fisica legittima

 

Replace authority, reaffirm sovereignty. Legitimate defence, armed bodies and State crisis in Giolittian Italy

The article aims to analyse the crisis of the liberal State during the so-called Giolittian era by reconstructing the legal and practical application of the notions of self-defence and the establishment of armed corps. The first section is devoted to the legal debate on gun licences, self-defence and armed corps, with a special focus on the views held by the positivist law school and jurist Vincenzo Manzini. However, theoretical issues are not limited to treaties and encyclopaedias, but mirror practical applications of crucial importance in the field of social conflicts. Therefore, the second part of the article examines the evolution of laws concerning night watchmen and rural guards in order to investigate changes in the social function of private property and the role of the State in the defence of order. Finally, based on two case studies (the so-called Citizen Patrols in Bologna and Volunteer Workers in Parma), the article analyses the legal and political processes through which private citizens granted themselves the right to personally quash strikes and social unrest. What emerges is a profound criticism of the very foundations of the legitimacy of the liberal state in the name of a sort of class self-defence and a reappropriation of sovereignty for explicitly seditious purposes.

Keywords:  legitimate defence, armed bodies, liberal Italy, subversion, monopoly of legitimate physical force

La Grande guerra è stata l’evento che ha contribuito in modo decisivo al processo di radicalizzazione politica di molti giovani della classe media, spingendoli verso il socialismo. Ne è un esempio la storia di Cesare Seassaro, un giovane interventista che, dopo pochi mesi al fronte, diventa socialista e inizia a collaborare alla «Critica Sociale» di Turati. Sin dall’inizio, la sua fede politica risulta intrisa di valori cristiani estranei alla tradizione marxista, che ne fanno un isolato all’interno del Psi. Nonostante le critiche dei compagni, Seassaro non cesserà mai di battersi per una convergenza tra socialismo e cattolicesimo, nella convinzione che solo in un regime comunista possano trovare attuazione le massime dell’etica cristiana. Dopo l’avvento al potere dei bolscevichi, il suo pensiero politico subisce una ulteriore radicalizzazione, che lo spinge ad aderire alla corrente rivoluzionaria del Psi, diventando in seguito uno dei collaboratori piú assidui dell’«Ordine Nuovo» gramsciano. Nel dopoguerra, è tra i pochi socialisti a porsi concretamente il problema dell’organizzazione militare del proletariato per la conquista e la conservazione del potere politico.

Parole chiave: cattolicesimo, bolscevismo, reduci, Consigli di fabbrica, dittatura del proletariato

 

The evangelical socialism of Cesare Seassaro

The Great War was the event that made a decisive contribution to the process of political radicalisation of many middle-class young people, moving them toward socialism. An example of this is the story of Cesare Seassaro, a young interventionist who, after a few months at the front, became a socialist and began to work at Turati’s «Critica Sociale». From the outset, his political belief was imbued with the Christian values that, being alien to traditional Marxist thinking, isolated him within the Italian Socialist Party. Although criticised by his comrades, Seassaro never stopped fighting for convergence between socialism and Catholicism, in the conviction that only in a Communist regime could the principles of Christian ethics be achieved. After the Bolsheviks came to power, his political thinking underwent further radicalization, leading him to join the Italian Socialist Party’s revolutionary wing, and making him one of the most frequent collaborators in Gramsci’s «Ordine Nuovo». In the postwar period, he was one of a few socialists who raised the problem of the proletariat’s military organisation for conquering and keeping political power., Santo Mazzarino published, in Rinascita, the Italian Communist Party’s political/cultural weekly, a reflection on the studies of Emilio Sereni (ren

Keywords:  Catholicism, Bolshevism, returning soldiers, Factory Councils, dictatorship of the proletariat

Opinioni e Dibattiti

Il saggio prende in esame il contesto storiografico e la ricezione de Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo (1918-1922). Vol. I. Dalla fine della Guerra all’impresa di Fiume, primo capitolo di una trilogia che assorbí gran parte dell’attività di ricerca di Roberto Vivarelli (1929-2014). Frutto di un lungo lavoro in Italia e all’estero, il libro uscí nel 1967 in un momento in cui la discussione sul fascismo e le sue origini andava assumendo un rilievo sempre maggiore anche al di fuori della cerchia degli studi: si pensi, ad esempio, al dibattito suscitato dai volumi della biografia di Mussolini scritta da Renzo De Felice. Il seguito che Vivarelli avrebbe dovuto consegnare a breve vide la luce quasi venticinque anni dopo, nel 1991; il terzo, e ultimo, apparve solo nel 2012. Rispetto al primo capitolo, gli ultimi due volumi erano il frutto della riflessione del loro autore sul liberalismo italiano e la sua classe dirigente, nel quadro piú generale della storia europea. Attraverso la storia di un libro, il saggio vuole contribuire alla messa in prospettiva del dibattito su quel tornante della storia italiana.

Parole chiave: fascismo, crisi dello stato liberale, storia della storiografia, Mussolini, Salvemini

 

A «fruit out of season». Some observations on Roberto Vivarelli and the origins of fascism

This essay traces the history and evaluates the critical reception of Il dopoguerra in Italia e l’avvento del fascismo (1918-1922). Vol. I. Dalla fine della Guerra all’impresa di Fiume, published in 1967 by Roberto Vivarelli (1929-2014), a former pupil of Federico Chabod and Gaetano Salvemini. As the first chapter of a trilogy (1967; 1991 and 2012 as Storia delle origini del fascismo) on the crisis of the Italian liberalism and the genesis of fascism, the book was well received by historians in Italy and abroad; however, according to Vivarelli himself, it failed to reach a broader audience, unlike other books on this topic like the monumental biography of Mussolini written by Renzo De Felice (1965-1997). Even if the Storia is still considered a standard book on this topic, it is also true that the subsequent volumes of this ground-breaking research were shaped by the author’s point of view on liberalism: to him, the study of Italian postwar involved a general overview of the liberal ruling class and the European history after the Franco-Prussian War.

Keywords:  fascism, the failure of liberal Italian State, history of historiography, Mussolini, Salvemini

Elenco dei fascicoli pubblicati dal 2010
  • anno 65 / 2024
  • 1
  • anno 64 / 2023
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 63 / 2022
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 62 / 2021
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 61 / 2020
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 60 / 2019
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 59 / 2018
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 58 / 2017
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 57 / 2016
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 56 / 2015
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 55 / 2014
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 54 / 2013
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 53 / 2012
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 52 / 2011
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4
  • anno 51 / 2010
  • 1
  • 2
  • 3
  • 4