Numero 2
aprile - giugno 2019 anno 60

Sommario e abstract degli articoli

L’articolo mira a fornire una ricostruzione di lungo periodo – dall’Italia postunitaria al presente – del quadro normativo e giurisprudenziale che ha disciplinato il lavoro delle donne. Si è tentato, in particolare, di evidenziare i differenti riferimenti concettuali (capacità, funzione, eguaglianza, pari opportunità) di volta in volta utilizzati per disciplinare accessi ed esclusioni, tutele e interventi promozionali. Si è dato particolare risalto al ruolo, per molto tempo marginale, giocato in tale ambito dal principio di uguaglianza e alla tardiva recezione, nell’ordinamento italiano, di una declinazione sostanziale di tale principio, pur solennemente enunciato in costituzione (art. 3, comma 2). Si è inoltre tentato di mettere in luce l’apporto fornito, in questo ambito, dal legislatore e dalla giurisprudenza europei nel quadro di un dialogo complesso e talora conflittuale con il diritto interno.

Parole chiave: lavoro femminile, uguaglianza formale, uguaglianza sostanziale, discriminazione

 

Unequal parity. Female labour in Italy between history and law

The article seeks to provide a long-term reconstruction – from the last decades of the nineteenth century to the present time – of how women’s labour has been regulated by formal Italian law or by the Courts. For each period, the attempt is made to highlight the different conceptual references (capability, function, equality, equal opportunity, etc.) employed from time to time to regulate inclusion and exclusion, protection and affirmative action. Particular emphasis is placed on what had for a long time been the marginal role played in this setting by the principle of equality – and on the Italian legal system’s late adoption of a substantial articulation of this principle, in spite of its solemn enshrinement in the Constitution (art. 3, paragraph 2). The article also attempts to cast light on the contribution made in this area by European law and jurisprudence in the framework of a complex and at times contentious dialogue with national law.

Keywords:  female labour, formal equality, substantive equality, discrimination

Ricerche

Lo studio riesamina la documentazione inerente ai cosiddetti «Conti di Lecco», mettendo in luce alcune criticità delle vecchie analisi e proponendo una nuova ricostruzione fondata sulla probabile presenza nell’arco alpino, fra i secoli IX e X, di piccoli comitatus territoriali con funzioni militari di presidio. In parallelo, viene riconsiderato il tema della «dissoluzione» del patrimonio dell’ultimo comes, Attone. Alcuni indizi, infine, suggerirebbero che la serie di questi comites possa non appartenere a un unico lignaggio.

Parole chiave: alto medioevo, Lecco, presidi militari, comitatus, mundio

 

The «comites de loco Leuco»: exercised functions and family structures (ninth and tenth centuries)

This study reviews the documents concerning the so-called «Counts of Lecco.» Some critical aspects of old analyses are highlighted. A new interpretation is proposed, based on the plausible existence in the Alps of small military comitatus with garrison functions between the ninth and tenth centuries. Furthermore, the theme of the «dissolution» of the heritage of the last comes, Attone, is reconsidered. Lastly, some clues would suggest that these comites might not belong to a single lineage.

Keywords:  Early Middle Ages, Lecco, garrisons, comitatus, mundio

L’articolo si propone di analizzare le reazioni delle istituzioni e dell’opinione pubblica laica italiana davanti alla conquista di Gerusalemme da parte dell’Intesa nel dicembre del 1917. La ricerca si concentra sulle narrazioni della vicenda sulla stampa, che spesso informa anche sui discorsi tenuti in occasione di eventi pubblici, come commemorazioni e incontri politici organizzati per celebrare la conquista. L’articolo ricostruisce i comportamenti delle istituzioni, delle diverse correnti interventiste e dei socialisti. In particolare, lo studio si focalizza sulle diffuse rappresentazioni della campagna militare in Palestina (1917-18) come una crociata. Queste possono essere un valido indizio di come le componenti laiche della politica e della società italiana ricorrevano alla suddetta categoria nel dibattito politico. Generalmente, nella narrazione pubblica, la vittoria in Terra Santa venne presentata come parte di una crociata, assegnando al lemma significati secolarizzati e attualizzanti. L’episodio militare era considerato parte della crociata dell’Intesa in nome della libertà e della civiltà contro la Kultur tedesca, un’immagine consolidata della propaganda di guerra basata sulla demonizzazione della figura del nemico.

Parole chiave: Grande guerra, fronte interno italiano, crociata, politica italiana, propaganda di guerra

 

«The Ninth Crusade of the Entente». Italian secular politics and public opinion before the capture of Jerusalem (1917)

This article aims to analyse the reactions of Italian institutions and secular public opinion to the conquest of Jerusalem by the Entente in December 1917. The research focuses primarily on the narrations of the victory in the press, which often also reported the public discourse held at public events, such as the commemorations and political meetings organised to celebrate the conquest. The article reconstructs the behaviours of the institutions, the heterogeneous pro-war forces, and the socialists. The study pays predominant attention to the disseminated representations of the 1917–18 Palestine campaign as a crusade; these images are valuable for comprehending how this category was used in the political debate by the secular groups of Italian politics and society. Principally, the victory in the Holy Land was characterised as a crusade – while, however, giving this term secular and contemporary meanings. The military episode was considered part of the Entente’s crusade in the name of freedom and civilization against the cruelty of German Kultur, a widely spread image of the Great War propaganda based on demonization of the enemy.

Keywords:  Great War, Italian home front, crusade, Italian politics, War propaganda

Partendo dalla constatazione che ad oggi non è ancora disponibile alcuna sintesi complessiva sull’impatto quantitativo e qualitativo delle leggi razziali fasciste sull’antichistica italiana, l’articolo si propone di avviare una ricognizione sistematica sull’argomento. Nella prima parte, il contributo offre una stima provvisoria degli antichisti colpiti dalla normativa antiebraica, elaborando un elenco di nomi variamente ripartiti tra professori ordinari e straordinari, liberi docenti, personale assistente, membri di istituzioni culturali e ricercatori indipendenti. La seconda parte dell’articolo è dedicata alla valutazione qualitativa del fenomeno. In essa, si individuano due direttrici di approfondimento: la prima riguarda le concrete trasformazioni occorse nelle condizioni di vita e di lavoro delle vittime, mentre la seconda analizza il comportamento che assunsero, di fronte alle persecuzioni, gli antichisti non colpiti dalla legislazione antisemita. Tali direttrici sono discusse anche sulla base di notizie tratte dalla biografia di classicisti variamente coinvolti – in qualità di vittime, testimoni o esecutori – nel processo epurativo: Carlo Anti, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Evaristo Breccia, Gaetano De Sanctis, Mario Attilio Levi, Piero Treves, Arnaldo Momigliano, Medea Norsa, Edoardo Volterra.

Parole chiave: leggi razziali fasciste, antichistica italiana

 

The impact of the racial laws on Italian classical studies (1938-1945)

The Taking as its starting point the fact that there is still no qualitative and quantitative assessment of the impact of the fascist racial laws on Italian classical studies, this article provides the first systematic survey of the subject. Section 1 presents a provisional estimate of the Jewish classical scholars persecuted by Italian authorities between 1938 and 1945, drawing up a list of names including full professors, lecturers, teaching assistants, members of cultural institutions and independent researchers. Section 2 develops a deeper analysis of qualitative data, focusing on two separate lines of research: one dealing with the dramatic changes in the living and working conditions of the victims; the other related to the conduct of classical scholars not affected by the anti-Jewish legislation. All these issues are discussed drawing on biographical information related to some distinguished academics variously involved in the persecution as victims, witnesses or executors: Carlo Anti, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Evaristo Breccia, Gaetano De Sanctis, Mario Attilio Levi, Piero Treves, Arnaldo Momigliano, Medea Norsa, Edoardo Volterra.

Keywords:  Fascist racial laws, Italian classical studies

Durante l’età liberale si mise più volte in discussione l’utilità delle inchieste parlamentari. La mancanza di risultati concreti era un limite che aveva screditato l’istituto. Eppure dopo la caduta del regime fascista e il passaggio alla Repubblica, in un contesto politico favorevole per l’affermazione della centralità dell’assemblea legislativa, si ebbe una rivalutazione dell’inchiesta parlamentare. L’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla, deliberata dalla Camera dei deputati il 12 ottobre 1951, si svolse durante lo scorcio della I legislatura, quasi contemporaneamente a quella sulla disoccupazione. La Commissione, proprio al fine di semplificare le attività, non estese l’indagine a tutto il territorio dello Stato, ma si concentrò su alcune zone. Una di queste zone era la Sardegna. Il presente saggio, dopo una panoramica generale dedicata alla rivalutazione dell’istituto della inchiesta parlamentare e all’avvio di quella sulla miseria, si sofferma sul caso sardo, con l’intento di comprendere i risultati a cui giunse la commissione e quali conseguenze ebbe sulla Sardegna. È un tema che finora anche la storiografia attenta alla storia isolana ha toccato soltanto incidentalmente, ma merita un contributo specifico.

Parole chiave: inchiesta parlamentare, miseria, Sardegna, Stato sociale

 

The parliamentary inquiry on poverty. The case of Sardinia

During the liberal age, the utility of the parliamentary inquiries was cast into doubt on a number of occasions, and the lack of tangible results was a limit that had discredited the institution. And yet, after the fall of the fascist regime and the rise of the young Republic, in a political setting favourable for reaffirming the centrality of legislative assemblies, parliamentary inquiries were reassessed. The inquiry on poverty in Italy, and on the means to combat it, approved by the Chamber of Deputies on 12 October 1951, took place at the end of the first Legislature, almost simultaneously with the inquiry on unemployment. To simplify their work, the commissioners did not extend the inquiry to the entire country but concentrated on certain areas; one of these areas was Sardinia. After a general overview dedicated to reassessing the institution of the parliamentary inquiry and the start of the one on poverty, this paper focuses on the Sardinian case, aiming to understand the inquiry’s results and what consequences it had on Sardinia. This theme, although touched upon only incidentally even by historiography attentive to the island’s history, merits a specific contribution.

Keywords:  parliamentary inquiry, poverty, Sardinia, welfare state

Il saggio ripercorre il lungo percorso che condusse, nel dicembre del 1978, alla nascita del Servizio sanitario nazionale italiano (Ssn). Dopo il National Health System britannico, si trattava allora dell’unico sistema di accesso universale alla salute nell’Europa continentale non socialista. Un sistema sanitario per tutti i cittadini, finanziato dal sistema fiscale e che, a 30 anni dalla Costituzione italiana del 1948, dava concretezza all’articolo 32. L’istituzione del Ssn rappresentò il risultato di proposte e dibattiti che si svilupparono nell’arco di quasi vent’anni, e in cui furono coinvolti numerosi attori politi e sociali. Già a partire dalla fine degli anni Cinquanta, il Partito comunista e il Partito socialista italiano, così come i sindacati – in particolare la Cgil – furono impegnati in questo processo. Ma anche molti medici giocarono un ruolo di primo piano. Figure come quella di Giovanni Berlinguer e di Giulio Maccacaro furono impegnate non solo nella denuncia delle obsolete istituzioni, e degli obsoleti principi, che caratterizzavano lo scenario della sanità italiana, ma anche in un profondo ripensamento dei rapporti tra medicina, scienza e politica.

Parole chiave: Italia, salute pubblica, Servizio sanitario nazionale, riforma, medici

 

The struggles for health in Italy and the premises of health reform. Parties, unions, biographical paths (1958-1978)

This essay retraces the long path that led, in December 1978, to the birth of the Italian National Healthcare Service (SSN). At the time, after the British National Health System, this was the only universal healthcare system in non-Socialist continental Europe. It was a tax-funded healthcare system for all citizens, that concretely applied article 32 of the Italian Constitution, thirty years after it came into force. The institution of the SSN was the culmination of twenty years of proposals and debates involving numerous political and social actors. As early as the end of the 1950s, the Italian Communist and Socialist party, as well as the trade unions – CGIL especially –, were involved in this process. Physicians, too, played a key role. Figures such as Giovanni Berlinguer and Giulio Maccacaro were engaged not only in denouncing the obsolete institutions – and principles – of the Country’s healthcare landscape, but also in a profound rethinking of the relationship between medicine, science and politics.

Keywords:  Italy, public health, Italian National Healthcare Service, reform, physicians

Opinioni e Dibattiti

Sebbene in molteplici lavori George L. Mosse abbia trattato il nazionalismo in termini negativi, in quanto movimento politico di massa dalle connotazioni sciovinistiche e autoritarie, la sua opinione critica nei confronti del sionismo non fu mai altrettanto dura. Questa diversità di giudizi va messa in relazione con la ricerca interna alla storia del sionismo di un nazionalismo dal volto umano, promossa da alcuni pensatori ebraico-tedeschi con la teorizzazione di un Nationalhumanismus. Secondo figure come Max Brod o Felix Weltsch la commistione di nazionalismo e umanesimo avrebbe infatti permesso di forgiare un nuovo tipo di nazionalismo in grado di evitare pericolose derive autoritarie e distruttive. Probabilmente attratto da tale impresa, frutto di un condiviso retaggio ebraico-tedesco, Mosse sembra essersi rivolto a questa specifica ricerca politico-intellettuale nel tentativo di individuare a sua volta gli aspetti positivi non ancora attuati o falliti del sionismo, finendo così per distinguere un duplice volto nel nazionalismo stesso.

Parole chiave: George L. Mosse, Nationalhumanismus, nazionalismo, sionismo, Israele

 

George L. Mosse, Zionism and the search for a nationalism with human face

In many works, Mosse treated nationalism in negative terms, as a mass political movement with chauvinistic and authoritarian connotations. However, his critical view of Zionism was never so severe. The historian’s different judgment towards Jewish nationalism seems to be connected to the research done by some Jewish- German thinkers, to put a human face on nationalism through the theorization of a Nationalhumanismus. According to these intellectuals, like Max Brod or Felix Weltsch, the link between nationalism and humanism might have been an alternative way to avoid the past errors of European nationalism. Attracted in turn by the possibility of saving Jewish nationalism from self-destructive tendencies, Mosse seems to have turned to this specific history within Zionism in an attempt to emphasize its positive aspects that had not yet been implemented or had failed, thus identifying a double face in nationalism itself.

Keywords:  George L. Mosse, Nationalhumanismus, Nationalism, Zionism, Israel

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