Numero 2
aprile - giugno 2017 anno 58

Sommario e abstract degli articoli

L’articolo intende esplorare la stretta relazione tra l’ipotesi che il fascismo sia la «rivoluzione passiva» del XX secolo, e il fatto che esso può essere considerato come una sorta di laboratorio politico. L’ipotesi che il fascismo sia la «rivoluzione passiva » del XX secolo è enunciata da Gramsci come il risultato della critica all’approccio di Benedetto Croce alla storia d’Italia, critica che sfocia nella definizione della crociana «religione della libertà» come un tentativo di stabilizzare il fascismo, cioè di ristabilire l’egemonia borghese sulle masse popolari. D’altra parte, in quanto è uno Stato «totalitario» e una passi politica «totalitaria», il fascismo non può essere considerato come una mera reazione al processo di auto-organizzazione delle masse popolari, che si svolge nei primi decenni del XX secolo e soprattutto dopo la Grande Guerra. In quanto il suo principale obiettivo è di assorbire e canalizzare la spinta delle masse, non di respingerlo, il fascismo è piuttosto un «laboratorio politico» nel quale, per la prima volta nella storia dello Stato nazionale italiano, le masse popolari possono fare il loro «apprendissaggio» della politica. La conclusione che Gramsci trae da questa analisi del fascismo e del discorso crociano sulla «libertà » è che nell’Italia contemporanea è possibile articolare una strategia politica la quale, rifacendosi agli altri valori giacobini della «eguaglianza» e della «fraternità», dia vita a un movimento per la democrazia popolare sotto la parola d’ordine della «costituente».

Parole chiave: Antonio Gramsci, rivoluzione passiva, fascismo, Benedetto Croce, Assemblea costituente.

 

Passive revolution and political laboratory. Some notes on Gramsci’s analysis of fascism in his Prison Notebooks

This article aims to highlight the close relationship between the hypothesis that fascism is the «passive revolution» of the 20th century and the fact that it may be considered as a kind of political laboratory. Gramsci advances the hypothesis that fascism is the «passive revolution» of the 20th century as a result of his 522 Abstracts critique of Benedetto Croce’s approach to Italian history, which culminates in Croce’s definition of «religion of liberty» as an effort to stabilise fascism – that is, as a way to reinstate bourgeois hegemony over the popular masses. On the other hand, as a «totalitarian» State and as a «totalitarian» political practice, fascism cannot be considered as a mere reaction to the process of self-organisation of the popular masses, which was carried out in the first decades of the 20th century and above all after the First World War. Since fascism’s main goal is to absorb and channel the masses’ impulse rather than to reject it, it is a «political laboratory» in which, for the first time in the history of the Italian national state, the «people» can do their «apprenticeship» in politics. The conclusion Gramsci draws from this analysis of fascism and of Croce’s discourse on «liberty» is that in contemporary Italy, it is possible to articulate a political strategy that, recalling the other Jacobin values of «equality» and «fraternity», gives rise to a movement for popular democracy under the slogan of the «constituent assembly».

Keywords: Antonio Gramsci, passive revolution, Italian fascism, Benedetto Croce, constituent Assembly.

L’oggetto del saggio è costituito dalle note sull’architettura dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. Di queste note si propone uno studio filologico e testuale, al fine di individuarne le possibili fonti e gli impliciti riferimenti, e un’interpretazione di carattere piú generale, allo scopo di definirne la collocazione nel quadro della filosofia della praxis. Per quanto riguarda l’aspetto filologico- testuale, si argomenta che i testi gramsciani sull’architettura razionale sono stati redatti entro il febbraio 1933, e che tale retrodatazione suggerisce di rivedere la cronologia del Quaderno 14 originariamente proposta da Gerratana. Per quanto concerne invece l’aspetto interpretativo generale, si sostiene che, nelle note sull’architettura, Gramsci tenti di dare una soluzione non crociana, basata sulla «traducibilità dei linguaggi», al problema dell’unità e della differenza tra arte e politica, tra estetica e pratica.

Parole chiave: filosofia della praxis, traducibilità dei linguaggi, distinzione, razionalismo italiano, architettura.

 

Practice, Passive revolution and political laboratory. Some notes on Gramsci’s analysis of fascism in his Prison Notebooks

This essay deals with the notes on architecture in Antonio Gramsci’s Prison Notebooks. After a philological and textual analysis to identify their possible sources and implicit references, I then propose a more general interpretation, in order to define their position within the framework of the philosophy of praxis. On philological grounds, I argue that Gramsci wrote the notes on rationalist architecture during the month of February 1933; as a consequence of this backdating, I suggest revising the chronology of the entire Notebook 14 as previously established by Gerratana. On interpretative grounds, I maintain that Gramsci, by writing the notes on architecture, attempts to provide a non-Crocean solution, one based on the «translatability of languages», to the problem of unity and the difference between art and politics, aesthetics and practice.

Keywords: philosophy of praxis, translatability of languages, distinction, Italian rationalism, architecture

Opinioni e Dibattiti

Nel 2014, «il Mulino» ha ristampato Alle radici della cavalleria medievale, un testo di Franco Cardini originariamente pubblicato nel 1981. L’articolo è una nuova trattazione del libro e dell’acceso dibattito da esso provocato.

Nonostante la discussione su Alle radici si sia in massima parte concentrata sulle idee politiche del suo autore, piú rilevante è analizzarne la prospettiva storica, assieme alla metodologia impiegata. Nell’articolo si propone che queste trovassero origine in una temperie culturale tradizionalista che fortemente ha caratterizzato la struttura e la tesi del libro.

Parole chiave: cavalleria medievale, Franco Cardini, dibattito storiografico, tradizionalismo.

 

From the depths: on a renowned book by Franco Cardini

In 2014, Il Mulino reprinted Alle radici della cavalleria medievale, a text by Franco Cardini originally published in 1981. The article returns to this book and the lively debate that followed its publication. Although the discussion regarding Alle radici concentrated primarily on the political ideas of its author, it is more significant to investigate its historical perspective, along with the methodology deployed. The article proposes that the book traces its origins to a traditionalist cultural environment that strongly influenced its structure and ideas.

Keywords: medieval cavalry, Franco Cardini, historiographic debate, traditionalism.

Ricerche

La Danimarca non occupava un posto di primo piano tra le grandi potenze colonizzatrici. Analizzando il modello coloniale danese, tuttavia, si scorgono diversi punti di raccordo con i grandi imperi coloniali. Il Gardelins slavereglement del 5 settembre 1733, emanato da Philip Gardelin, governatore dell’isola di St. Thomas, è uno dei segni piú tangibili dell’influenza delle grandi potenze europee sulla storia coloniale danese. Un Codice schiavista emanato da uno Stato senza tradizione nella legislazione speciale per gli schiavi.

Parole chiave: schiavi, Codici Neri, storia coloniale, Danimarca, Isole Vergini.

 

The slaves of the White cross. Colonization, repressive legislation and rebellion in the western Danish Indies (1663-1733)

Denmark did not occupy a prominent place among the great colonizing powers. Analyzing the Danish colonial model, however, different points of contamination with the great colonial empires can be seen. The Gardelins slavereglement of 5 September 1733, enacted by Philip Gardelin, governor of the island of St. Thomas, is one of the most tangible signs of such hybridization. A slave Code issued in a country with no tradition in slaves legislation.

Keywords: Slaves, Blacks Codes, Colonial History, Denmark, Virgin Islands.

Questo articolo, dopo aver sintetizzato gli sviluppi degli studi concernenti la presenza degli anarchici italiani in Egitto, propone una ricostruzione d’insieme della comunità dalle sue origini, intorno al 1860, fino al primo dopoguerra. Il testo si occupa sia degli aspetti prettamente militanti e politici che di quelli ideologici e culturali. Nella seconda parte si passa in rassegna la variegata produzione scritta degli anarchici italiani in Egitto, al fine di esaminare come questi si siano rapportati al colonialismo e piú in generale alla questione etnica. Si vedrà come il discorso degli anarchici in Egitto non fosse esente dall’esprimere pregiudizi orientalisti e razzisti nei confronti della popolazione autoctona.

Parole chiave: anarchismo, colonialismo, anarchici italiani, Egitto, orientalismo.

 

Anarchism and colonialism: Italian anarchists in Egypt (1860-1914)

This article, after summarizing the developments of the studies concerning the presence of Italian anarchists in Egypt, introduces a reconstruction of the community from its origins, around 1860, until the first postwar years. The text deals with both the militant and political aspects, as well as with the ideological and cultural ones. The second part reviews the varied written production of Italian anarchists in Egypt in order to examine how they related to colonialism and more generally to the ethnic question. It thus shows how the anarchists’ thought in Egypt was not exempt from Orientalist and racist prejudices towards the indigenous population.

Keywords: anarchism, colonialism, Italian anarchists, Egypt, orientalism.

Prima della delimitazione del confine tra il protettorato francese di Tunisia e i territori ottomani della Libia, nel 1910, la regione di frontiera era un luogo di passaggio attraverso il quale popolazioni dei due territori si spostavano seguendo i cicli delle attività agropastorali, per questioni economiche o in conseguenza di avvenimenti politici. Storicamente questo spostamento aveva interessato in maniera maggiore le popolazioni tripolitane, tanto che una parte notevole degli abitanti della Tunisia era di origine tripolitana, e come tale era riconosciuta dal nome di trabelsiyya attribuito ai suoi componenti.

L’emigrazione tripolitana ebbe un incremento notevole dopo la conquista italiana di Tripoli: era un fenomeno estremamente negativo per la nuova colonia italiana, che vedeva depauperarsi una regione già poco popolata, mentre il protettorato francese si avvantaggiava dell’apporto di nuova forza lavoro.

Intorno a questa emigrazione, tra il 1911 e il 1914 si svolse un’intensa controversia tra Roma e Parigi in seguito ai mutamenti nello statuto giuridico dei tripolitani derivati dalla nuova situazione coloniale. Mentre il governo di Roma riteneva legittimo il riconoscimento ai suoi sudditi libici di Tunisia dei privilegi riconosciuti agli italiani dagli accordi vigenti, il governo di Parigi lo vedeva come un pericolo per la sua sovranità: in prospettiva, come un’arma ulteriore che l’Italia avrebbe potuto usare nella sua rivendicazione del territorio di Tunisi, fondata su una presenza italiana quantitativamente importante all’interno del protettorato.

Parole chiave: rifugiati politici, migranti, questioni confinarie, sudditi italiani di Libia, Tunisia.

 

Political refugees and migrants, border issues and sovereignty disputes: the «Italian subjects of Libya» in Tunisia (1911-1914)

Prior to the delimitation of the border in 1910, the frontier region between Tunisia and the Ottoman territories of Libya was a passage through which populations of the two territories moved along the cycle of agro-pastoral activities, for economic reasons or as a result of political events. Historically, this shift had greatly affected the Libyan territory: an important part of Tunisia’s inhabitants was of Tripolitanian origin, and as such it was recognized by the name of Trabelsiyya attributed to its members.
The Tripolitanian emigration had a remarkable increase after the Italian conquest of Tripoli: it was an extremely negative phenomenon for the new Italian colony, which saw the depopulation of an already under-populated region, while the French protectorate benefited from the contribution of this workforce.
Around this emigration, between 1911 and 1914 there was an intense dispute between Rome and Paris as a result of the changes in the legal status of Tripolitanians, derived from the new colonial situation. While the Government of Rome found it legitimate for his Libyan subjects in Tunisia to share the privileges recognized to Italians in the existing italo-french agreements, the Paris government saw it as a danger to its sovereignty: in perspective, as a further weapon that Italy could have used in his claim of the territory of Tunis, based on a quantitatively important Italian presence within the protectorate.

Keywords: political refugees, migrants, border issues, Italian subjects of Libya, Tunisia.

Il saggio ricostruisce il ruolo del Democratic Party ed il suo impegno per uno sbocco democratico del processo d’indipendenza dell’Uganda. In un quadro di storica rivalità confessionale, in particolare tra cattolici e protestanti, s’innesta una lotta politica intrecciata all’appartenenza etnica. Tra indipendenza e post-indipendenza, il missionario comboniano p. Tarcisio Agostoni promuove una prospettiva «aconfessionale» con la formazione di una classe politica cattolica e di un partito ispirato al modello della Democrazia Cristiana in Italia, che rispondesse alle esigenze di una lotta politica in un sistema multipartitico. Dopo i primi successi ottenuti alla vigilia dell’indipendenza, il DP ed il suo leader, Benedicto Kiwanuka, si scontrano con il crescente peso acquisito dall’Uganda People’s Congress di Milton Obote, radicato tra i gruppi etnici periferici, e poi dal Kabaka Yekka, coalizione a base protestante, nella quale confluiscono anche molti musulmani. Le campagne denigratorie e il clima intimidatorio creato dai partiti anti-cattolici finiscono per travolgere il DP nelle elezioni del ’62, incrinando la prospettiva aconfessionale e innescando un processo di involuzione autoritaria, sotto la guida di Obote, che conduce all’arresto e all’uccisione di Kiwanuka e all’ascesa del generale Idi Amin. Con la fine del Democratic Party viene a mancare l’unico elemento di mediazione in grado di contenere la radicalizzazione dello scontro, precludendo la possibilità di uno sbocco democratico al processo d’indipendenza.

Parole chiave: Uganda, indipendenza, democratico, politico, conflitto.

 

The confessional factor in the process of Independence of Uganda (1958- 1969)

The essay reconstructs the role of the Democratic Party and its commitment to democratize the Uganda’s independence process. In a framework of historical confessional rivalry, particularly among Catholics and Protestants, a political struggle belonging with ethnicity arises. Between Independence and Post-Independence, the Comboni Missionary – p. Tarcisio Agostoni – promotes an «aconfessional» perspective by the formation of a Catholic political class and a party inspired by the model of Christian Democracy in Italy, which responds to the demands of a political struggle in a multiparty system. After the first successes achieved on the eve of independence, the DP and its leader, Benedict Kiwanuka, clash with the growing weight gained by the Uganda People’s Congress of Milton Obote, rooted in peripheral ethnic groups, and later by Kabaka Yekka, Protestant-based coalition, which also includes many Muslims. The denigrating campaigns and the intimidating climate created by the anti-Catholic parties end up overwhelming DP in the election of independence in 1962, crippling the aconfessional prospect and triggering a process of authoritarian involution, under the leadership of Obote, leading to Kiwanuka’s arrest and killing and General Idi Amin’s rise. With the crisis of the Democratic Party, it fails the only mediating element suitable to contain the radicalization of the clash, precluding the possibility of a democratic exit from the process of independence.

Keywords: Uganda, independence, democratic, political, struggle.

Il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana sull’Italia piomba una spirale di violenza che infiammerà e condizionerà gli anni successivi. È molto importante chiarire che tipo di emergenza rappresenti per il sindacato italiano la stagione del terrorismo. Una riguarda la convinzione del movimento sindacale, in particolare della Cgil, di doversi occupare direttamente della difesa dell’ordine pubblico; l’altra la percezione di una sovraesposizione delle istituzioni e della società italiana ad un rischio di collasso democratico. A Brescia il sindacato si fa Stato, diventa gestore in prima persona dell’ordine pubblico e viene percepito dalla città come unico soggetto legittimato a questo compito. A Brescia si crea una sorta di sospensione temporale che dura circa due mesi in cui la Camera del lavoro diviene la centrale operativa nella gestione dell’ordine pubblico e la classe operaia si sostituisce de facto allo Stato. Le stragi vengono percepite infatti come un attacco alle conquiste del movimento operaio e lo Stato non viene ritenuto in grado di svolgere un’azione efficace su questo terreno perché minato al suo interno da connivenze e contiguità con i protagonisti della strategia della tensione. Gli operai garantiscono la difesa delle massime istituzioni, quegli stessi operai che nella piazza inscenano una dura manifestazione di protesta nei confronti di quelle stesse alte cariche dello Stato. L’incapacità dello Stato di arrestare il processo di erosione democratica che sta avvenendo al suo interno pone le basi per una profonda crisi istituzionale in cui i partiti politici saranno i soli soggetti capaci di fornire una risposta. Parole chiave: terrorismo, classe operaia, democrazia, sindacato, Stato.

Parole chiave: terrorismo, classe operaia, democrazia, sindacato, Stato.

 

The massacre of Piazza della Loggia: the workers in defense of democracy and self-management of public order

The December 12, 1969 with the massacre of Piazza Fontana on Italy swoops a spiral of violence that will flash and will affect subsequent years. It is very important to clarify what kind of emergency represents the season for the Italian syndi

cate of terrorism. One is the belief of the trade union movement, especially the CGIL, of dealing directly to the public policy defense; the other the perception of over-exposure of the institutions and the Italian company to a risk of democratic collapse. In Brescia, the union becomes State, becomes manager in person and public order is perceived by the city as the only person entitled to this task. In Brescia you create a kind of suspension of time which lasts about two months when the Labor becomes the operations center in public order management and the working class it will replace de facto the state. The massacres are perceived it as an attack on the achievements of the labor movement and the State is not deemed capable of effective action in this area because it undermined the inside of connivance and contiguity with the protagonists of the strategy of tension. The workers ensure the defense of the most important institutions, those same workers who staged square in a harsh protest against those same high state offices. The difficulties of the state to stop the erosion of democratic process that is taking place within it lays the foundation for a deep institutional crisis in which political parties will be the only entities capable of providing an answer.

Keywords: terrorism, proletariat, democracy, Trade Unions, institutions.

Note critiche

La biografia di Daniele Pipitone, Alla ricerca della libertà. Vita di Aldo Garosci, edita da Franco Angeli, 2017, restituisce l’avventura di vita e di impegno di un protagonista di Giustizia e libertà e poi del Partito d’azione, profondamente legato a Franco Venturi e a Leo Valiani, soprattutto nel tratto parigino, dove fu uno dei pochi a prevenire l’arresto con la fuga in Francia. All’eredità di Gobetti, aggiunse quella di Carlo Rosselli, che condivideva con i Venturi, il padre, Lionello, e il figlio Franco. Il terzo amico parigino fu Leo Valiani. Garosci ebbe una breve e diretta esperienza del franchismo, avendolo combattuto direttamente, fino a restare ferito. Nel dopoguerra fu tra i protagonisti del Partito d’azione, dalla vita intensa, travagliata e breve. Pubblicista d’ingegno e dotato di una curiosità insaziabile, si dedicò alla memoria di questa esperienza prima parigina, poi torinese e romana. Ebbe una vita lunghissima, caratterizzata da un insuperato anticomunismo e dalla contrapposizione alla realtà della Repubblica che si era liberata dal fascismo, la memoria dei «fuorusciti», cui sono legati i suoi contributi migliori. Anticomunismo e difesa dello Stato israeliano furono costanti di una sorta di intelligente, ma anche disordinata passione politica e intellettuale che questa meritoria biografia restituisce efficacemente.

Parole chiave: Aldo Garosci, biografia, Daniele Pipitone, Partito d’azione, anticomunismo democratico.

 

Aldo Garosci: an intellectual biography

The biography written by Daniele Pipitone about Aldo Garosci, edited by Franco Angeli, 2017, is a good work, that restitutes not only his familiar identity in Turin, but also his studies till to the discussion of a thesis with Gioele Solari, great professor in the faculty of law, master not only of Garosci, but also of Norberto Bobbio, Luigi Firpo and Alessandro Galante Garrone. Precocious antifascist,he escaped by chance to the fascist police, emigrating in France, where he met Lionello Venturi and his son, but also Carlo Rosselli and Leo Valiani, all founders and militants in Giustizia e Libertà. After Resistance,he was engaged not only in politics in the Partito d’Azione and after its end, as social democrat, but also as memorialist and historian of the past that he had lived. Professor of the University of Turin, History of Risorgimento, after the great Walter Maturi, preferred Rome and the chair of Political thinking, continuing to be an hard anti-communist and a defender of the State of Israel, choices dominant his writings as publicist and above all memorialist.

Keywords: Aldo Garosci, biography, Daniele Pipitone, Partito d’Azione, Democratic Anti-Communism.

Elenco dei fascicoli pubblicati dal 2010
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  • anno 52 / 2011
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  • anno 51 / 2010
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