Numero 4
ottobre - dicembre 2019 anno 60

Sommario e abstract degli articoli

Disastri naturali e informazione negli imperi d'età moderna

Questo articolo analizza l’eruzione flegrea del 1538, quando alle porte di Napoli sorge un vulcano, chiamato appunto Monte Nuovo. La ricerca presenta una prospettiva inedita su un episodio piuttosto noto tra gli specialisti, poiché vincolata alla storia delle emozioni e della comunicazione. Oltre all’introduzione e alle conclusioni, il saggio è composto da tre paragrafi. La prima parte ripercorre gli anni precedenti, durante i quali avvengono alcuni eventi che sono poi letti come presagi del disastro. La seconda, invece, mostra le reazioni della società contemporanea e dell’amministrazione imperiale. L’ultima analizza le interpretazioni degli studiosi legati al viceré e alla nobiltà locale che hanno poi un’enorme diffusione a livello continentale.

Parole chiave: storia dell’ambiente, disastro, eruzione, Regno di Napoli, Rinascimento.

 

Suddenly, a new mountain on the outskirts of Naples. The Phlegraean eruption of 1538

This paper focuses on the Phlegraean eruption of 1538, when a volcano – called Monte Nuovo (New Mountain), in fact – arose just outside Naples. The investigation presents a new perspective on an event rather well known to specialists, since it is linked to the history of emotions and communication. In addition to the introduction and conclusions, the essay consists of three paragraphs. The first part considers the previous years, when some events that scholars later read as signs of the subsequent disaster took place. The second part sets out the reactions of contemporary society and imperial administration. The last part investigates the interpretations of the academics connected to the viceroy and the local aristocracy, which were then to be enormously widespread on the European level.largely critical ethnocentrism».

Keywords:  Environmental history, disaster, eruption, Kingdom of Naples, Renaissance.

Il contributo esamina la circolazione d’informazioni tra diversi territori della Monarchia ispanica a proposito di due calamità verificatesi alla fine del XVII secolo: il terremoto di Lima del 1687 e quello del Sannio del 1688. Al centro dell’analisi è la trasmissione di notizie, testimonianze e opinioni, tanto all’interno degli organi di governo periferici e centrali, quanto nella piú vasta sfera comunicativa esterna o ai margini dei circuiti istituzionali. Con il passare dei mesi le informazioni sui due eventi furono sottoposte a un processo di sensibile rielaborazione e furono spesso associate in un unico schema interpretativo nella riflessione di naturalisti e moralisti, di teologi e predicatori, nonché nelle rogativas celebrate in varie città della penisola iberica, via via caricandosi di significati ulteriori. Ripercorrere la rete di trasmissione delle notizie in periodi di emergenza e la loro trasformazione nei diversi passaggi da un canale all’altro, consente da un lato di osservare da vicino i processi di elaborazione di eventi traumatici collettivi; dall’altro, di gettare luce sui meccanismi di raccolta e diffusione dell’informazione, che non sempre privilegiavano l’itinerario centro-periferia ma spesso connettevano tra loro i maggiori centri urbani dei diversi territori della Monarchia.

Parole chiave: Monarchia ispanica, calamità naturali, reti d’informazione, Perú, Regno di Napoli.

 

«Subterranea conspiración.» Earthquakes, communication and politics in the monarchy of Charles II

The The article addresses the flow of information, through different territories of the Spanish Monarchy, regarding two late-seventeenth-century calamities: the 1687 Lima earthquake and the 1688 Samnium earthquake. The main focus of attention is the circulation of news, accounts and opinions, both within the peripheral and central governmental bodies, and beyond the institutional networks. As the months passed, in the wider «public sphere,» the two events underwent significant transformations and were given powerful symbolic meaning; moreover, they were often associated in a single interpretative scheme by natural philosophers, theologians, and preachers, and even in the collective rites and processions celebrated in several cities of the Iberian Peninsula. Tracing the circulation of news in times of emergency, and its transformation in the various passages from one channel to another, allows us to closely observe how collective traumatic events are symbolically mediated. Furthermore, it also sheds new light on the mechanisms of information gathering and dissemination, which did not only follow the center-periphery pattern, but often connected the Monarchy’s main cities with one another.

Keywords:  Spanish Monarchy, natural disasters, information networks, Perú, Kingdom of Naples.

In June 1692, the island of Jamaica experienced a catastrophic earthquake, all but destroying the town of Port Royal. For the intellectuals of the Royal Society in London, this event presented an unprecedented opportunity to study the causes of seismic phenomena and to test theories involving subterranean combustion. What made this episode even more disturbing and fascinating, however, was that many in England believed the disaster to be somehow connected to subsequent tremors in north-western Europe. This conclusion was largely a consequence of the way in which information about the events circulated. Obtaining details about these seismic episodes from personal correspondents, government connections and printed pamphlets, the natural philosophers of the Royal Society tried to imagine how an earthquake could travel across the seas to shake distant lands. In doing so, they debated the possibilities of underground chemical reactions, the nature of motion, and the operations of divine providence. These early attempts to theorise about earthquake propagation challenged deep-rooted ideas about the narrowness of seismic zones by producing creative visions of global interconnections. Moreover, exploring the mystery of the alleged trans-Atlantic earthquake spurred thinking about the deep structure of the earth, the constitution of the atmosphere, and God’s role in earthly events.

Keywords:  1692 Jamaica earthquake, history of seismology, science and religion, Atlantic history, British Empire.

 

La Royal Society, Port Royal e il grande terremoto transatlantico del 1692

Nel giugno del 1692 la Giamaica fu colpita da un forte terremoto, che quasi distrusse la città di Port Royal. Per i membri della Royal Society questo evento costituí un’inedita opportunità di studiare le cause dei fenomeni sismici e di verificare le teorie sulle combustioni sotterranee. Tuttavia, a rendere questo evento ancor piú affascinante e inquietante fu il fatto che in Inghilterra molti credettero che esso fosse in qualche modo collegato a scosse avvertite nello stesso periodo in Europa nord-occidentale. Questa supposizione era dovuta, in larga parte, anche al modo in cui le notizie sugli eventi circolarono, poiché i naturalisti della Royal Society ottennero informazioni su questi episodi da corrispondenti personali e referenti istituzionali o tramite opuscoli a stampa. Essi cercarono cosí d’immaginare come un terremoto potesse attraversare i mari per scuotere terre lontane, e lo fecero dibattendo sulla possibilità di reazioni chimiche sotterranee, sui movimenti naturali e sugli interventi della divina provvidenza. Questi primi tentativi di spiegare la propagazione delle scosse misero in discussione idee profondamente radicate sull’estensione limitata delle zone sismiche e stimolarono originali ipotesi di interconnessioni globali. Inoltre, l’indagine sugli aspetti indecifrabili del presunto terremoto transatlantico suscitò riflessioni sulla struttura profonda della terra, la costituzione dell’atmosfera e il ruolo di Dio negli eventi terreni.

Parole chiave: terremoto di Giamaica del 1692, teorie sismologiche, scienza e religione, storia atlantica, Impero britannico.

Teorie e pratiche della censura in età moderna e contemporanea

Il saggio propone alcune riflessioni critiche dal punto di vista di una storica dell’età moderna sulle due linee interpretative che polarizzano oggi gli studi sulla censura. L’interpretazione tradizionale che nella censura vede prevalentemente l’esercizio di forme di coercizione da parte di norme e poteri esterni, si contrappone a quella che invece tende a considerare la censura e l’autocensura come elementi costitutivi del processo comunicativo, con il rischio di annullare la differenza tra censore e censurato. Si prendono in esame questi paradigmi e il loro uso storiografico, per soffermarsi infine su quella particolare forma di autocensura costituita dal «linguaggio esopico».

Parole chiave: storia dell’età moderna, censura, autocensura, linguaggio esopico.

 

Theories and practices of censorship: some reflections of a modernist

The article aims to explore two different approaches polarizing current debates in early modern studies on censorship. The traditional one essentially considers censorship as the result of external powers and coercive norms; the other tends to look at censorship and self-censorship as basic internal elements of the communicative process, thus minimizing the differences between censors and the censored. The paper discusses the advantages and drawbacks of these paradigms in the historiographical context, before focusing in the end on that peculiar and elusive form of self-censorship that goes by the name of «Aesopian Language.»

Keywords:  early modern studies, censorship, self-censorship, Aesopian language.

Nelle settimane successive all’omicidio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), il governo Mussolini decise di reprimere il dissenso con una serie di decreti legge che limitavano fortemente la libertà di stampa. In questo contesto, uno dei tentativi piú ingegnosi e intellettualmente stimolanti di aggirare le maglie della censura fascista fu messo in atto da «La Rivoluzione Liberale» di Piero Gobetti. Tra l’estate e l’autunno del 1924, la rivista pubblicò una serie di articoli e pezzi polemici che rievocavano eventi storici del passato e riassemblavano brani d’autore (da Tucidide, Sallustio, Machiavelli, etc.), commentando obliquamente l’attualità italiana e animando un’opposizione intransigente nei confronti della nascente dittatura. L’articolo ricostruisce queste scelte politiche ed editoriali, finora sostanzialmente ignorate dalla critica, ricostruendo i diversi modi in cui il passato greco-romano fu evocato, riusato e retoricamente rielaborato – sulla base delle regole espressive del cosiddetto «linguaggio esopico» – per veicolare una peculiare interpretazione storica del fascismo.

Parole chiave: Piero Gobetti, storia antica, censura, fascismo, linguaggio esopico.

 

Classics against the Regime. Piero Gobetti and Fascist Censorship in the wake of the Matteotti murder

In the weeks immediately following Matteotti’s assassination on June 10, 1924, Mussolini’s government sought to stifle dissent by passing a range of measures strongly restricting press freedom. Within this context, a most interesting attempt to circumvent Fascist censorship was made by Piero Gobetti’s La Rivoluzione Liberale. The review published a series of polemical pieces evoking historic events of the past and collecting passages from selected authors (from Thucydides to Sallust, Machiavelli, and so on), to comment obliquely on current events and arouse opposition against the nascent dictatorship. This paper aims to describe this provocative anti-regime campaign – to date neglected by critics – by reconstructing the different ways in which Greek and Roman history was evoked, reused and rhetorically reshaped – in accordance with the rules of «Aesopian language» – in order to convey a particular historical interpretation of Fascism.

Keywords:  Piero Gobetti, Ancient history, censorship, Fascism, Aesopian language.

L’articolo mira a ricostruire le modalità di sopravvivenza della letteratura (e degli scrittori) nelle condizioni del totalitarismo censorio della Russia staliniana. Essendo la rivoluzione concepibile come una costante tensione tra due forze motrici (quella che esercita il potere in modo autoritario e quella delle masse spinte verso un nuovo fervore di attività e speranza), se si assolutizza il momento dell’oppressione totalitaria e si minimizza quello della speranza utopica, si perde ogni possibilità di intendere tutta la drammatica dialettica della cultura russa postrivoluzionaria. A ciò si aggiunge il non sempre chiaro confine tra coercizione e consenso in cui si trovavano ad agire gli scrittori, in particolare tra gli anni Trenta e Cinquanta, tanto che risulta difficile incasellare le multiformi risposte di ogni individuo nel paradigma dualistico di Stato-società civile o accettazione-resistenza. Benché la censura fosse pervasiva ed articolata in piú livelli, lo scrittore che vi operava all’interno, pur essendone il primo attore e partecipe, cercava, spesso riuscendoci e spesso a costo della vita, una via d’uscita in un linguaggio esopico precisamente codificato, grazie a un gioco sottile di schermi e marche decodificatrici. A seconda dei periodi, questo linguaggio dissimulato può essere considerato o un atto di resistenza e di eroismo o un arrendevole compromesso di fronte alla menzogna ufficiale.

Parole chiave: censura, stalinismo, Unione Sovietica, linguaggio esopico.

 

Stolen air. Some notes on censorship and literature in Stalinist Russias 

The article aims to reconstruct the survival of literature in the conditions of Stalin’s censorial totalitarianism in Russia. Revolution may be considered as a constant tension between two driving forces: the one that exercises power in an authoritarian way, and the one of the masses driven towards a new enthusiasm of activity and hope. However, while the moment of totalitarian oppression is absolutized and that of utopian hope is minimized, the dramatic dialectics of post-revolutionary Russian culture are impossible to understand. Moreover, there is not always a clear demarcation between coercion and consensus in which writers found themselves acting, in particular between the 1930s and the 1950s. Therefore, it is difficult to encapsulate the multiform responses of each individual in the dualistic paradigm of State versus civil society or acceptance versus resistance. Although censorship was pervasive and articulated on several levels, the writer who acted within it, while being its first actor and participant, sought a way out in a precisely codified Aesopian language, thanks to a subtle game of screens and decoding marks. Writers often succeeded in doing so and found their readers, but this was often possible only at the cost of freedom or life. Depending on the period, this dissimulated language could be considered either an act of resistance and heroism or a surrendering compromise in the face of the official lie.

Keywords:  Censorship, Stalinism, Soviet Union, Aesopian language.

Ricerche

Durante il Cinquecento, lo scontro per l’egemonia mediterranea tra la Monarchia ispanica e l’Impero ottomano amplificò tensioni, contatti e scambi tra l’Occidente e l’Oriente. Una delle principali conseguenze di questo incontro fu l’incremento del numero di cristiani che decisero di abbracciare la religione islamica e migrare verso le terre poste sotto l’egida della sharia. Tali conversioni diedero vita a una nuova figura della permeabile frontiera mediterranea, detentrice di un’identità ibrida. Il neofito musulmano (mühtedi), di fatti, a causa delle sue radici confessionali rimaneva legato alla società occidentale, ma allo stesso tempo ne veniva emarginato in quanto considerato pericoloso e inaffidabile. Al contrario, il mondo musulmano accoglieva i neoconvertiti in quanto manifesto della supremazia dell’islam, favorendone l’inserimento nelle loro comunità tramite un processo di acquisizione di determinate pratiche socioculturali. Tuttavia, l’analisi storiografica del «rinnegato» o del «turco di professione» è stata spesso condizionata dal metodo di indagine e dal conseguente uso critico e parziale delle fonti. Il presente articolo, analizzando nello specifico il caso della città ottomana di Algeri, ambisce a mostrare quali recenti prospettive di indagine stiano rinnovando la comprensione delle conversioni religiose nel mondo mediterraneo nella prima età moderna.

Parole chiave: islam, Mediterraneo della prima età moderna, conversioni religiose, rinnegati, Algeri ottomana. 

 

The mühtedi of Algiers, or the other face of the Christian renegades. Conversions to Islam in the Early Modern Mediterranean

During the 16th century, the clash between the Spanish monarchy and the Ottoman Empire for Mediterranean hegemony amplified tensions, contacts and exchanges between East and West. One of the main consequences of this imperial collision was the increased numbers of Christians who decided to embrace Islam and migrate to lands under shariah law. From then on, Christian converts to Islam represented a new figure in the permeable Mediterranean frontier, with a hybrid identity. The Muslim neophyte (mühtedi), because of his religious roots, remained tied to Western society, but was at the same time marginalized since he was considered dangerous and untrustworthy. Conversely, the Muslim world welcomed the newly converted as a demonstration of Islamic religious supremacy, promoting their insertion into their communities through a process of acquisition of certain socio-cultural practices. However, the historiographic analysis of the «renegade,» or of the «Turk by profession» has often been conditioned by the method of investigation and the consequent critical and partial use of the available sources. This article, specifically analysing the case of the Ottoman city of Algiers, aims to emphasise how recent perspectives are renewing the understanding of religious conversions in the Mediterranean world during the Early Modern Age.

Keywords:  Islam, early modern Mediterranean, religious conversions, Christian renegades, Ottoman Algiers.

La democrazia diretta sarà «la consacrazione della tirannia della maggioranza» (Louis Blanc), il «preludio del cesarismo» (Pierre-Joseph Proudhon). Nel quadro della composita famiglia socialista, Blanc e Proudhon sono divisi pressoché su tutto nella breve stagione della Seconda Repubblica francese. Hanno però una singolare convergenza di vedute, nell’imminenza del colpo di stato operato da Luigi Napoleone, quando si tratta di contrastare i progetti di riforma improntati ai principi della democrazia diretta, presentati pochi mesi prima da autorevoli esponenti del fronte democratico e socialista – Rittinghausen, Considérant, Ledru-Rollin – come «soluzione» al tradimento del suffragio universale perpetrato dal Parlamento. Nel mettere in guardia contro gli esiti dispotici della democrazia diretta, Blanc e Proudhon ricorrono a strategie argomentative comuni, di grande rilievo teorico: la frammentazione della sovranità; le derive ipermaggioritarie; la semplificazione referendaria. Ci si può domandare allora se il dibattito sul gouvernement direct del 1850-1851 sia un ultimo, estremo sviluppo dell’apprendistato della Repubblica, o se non sia piuttosto uno dei prodromi della stagione cesaristica.

Parole chiave: democrazia, democrazia diretta, dispotismo, Louis Blanc, Pierre-Joseph Proudhon.

 

The prelude to despotism. Blanc, Proudhon and the direct democracy projects of 1850-51

Direct democracy will be «the consecration of the tyranny of the majority» (Louis Blanc), the «prelude to Caesarism» (Pierre-Joseph Proudhon). During the short season of the Second French Republic, within the framework of the composite socialist family, Blanc and Proudhon disagreed on practically everything. However, they did have a singular convergence of views on the eve of Louis Napoleon’s coup d’état, when it was a matter of countering the reform projects based on the principles of direct democracy, presented a few months earlier by authoritative representatives of the democratic and socialist front – Rittinghausen, Considérant, Ledru-Rollin – as a «solution » to the betrayal of universal suffrage perpetrated by Parliament. Sounding the alarm against the despotic results of direct democracy, Blanc and Proudhon resorted to common argumentative strategies of great theoretical heft: the fragmentation of sovereignty; the hyper-majoritarian drifts; simplification through referendum. One may therefore wonder whether the debate on gouvernement direct of 1850-1851 was an ultimate, extreme development of the apprenticeship of the Republic, or rather one of the premonitory signs of the Caesaristic season.

Keywords:  democracy, direct democracy, despotism, Louis Blanc, Pierre-Joseph Proudhon.

L’articolo analizza la relazione tra conversione al cattolicesimo e nascita dell’antisemitismo cattolico nella Francia dell’Ottocento. Esamina in particolare la vicenda dei fratelli Joseph (1836-1915) e Augustin Lémann (1836-1909), ebrei convertiti, divenuti sacerdoti cattolici e zelanti antisemiti, autori di pamphlet e opere storiche sulla Francia di ispirazione antiebraica, e di Edouard Drumont, capofila dell’antisemitismo francese, tornato al cattolicesimo delle origini, e autore dell’opera di grande influenza, La France juive (1886). Nelle opere di questi autori si registra il passaggio dall’antigiudaismo all’antisemitismo cattolico e il loro intreccio.

Parole chiave: antisemitismo, conversione, Joseph Lémann, Augustin Lémann, Edouard Drumont.

 

Becoming anti-Semites: Catholic conversion and anti-Semitism in nineteenth- century France

The article analyzes the relationship between conversion to Catholicism and the birth of Catholic anti-Semitism in nineteenth-century France. It examines in particular the paths of the brothers Joseph (1836-1915) and Augustin Lémann (1836- 1909), converted Jews, who became Catholic priests and active anti-Semites. They were also the authors of pamphlets and historical works on France, inspired by anti-Semitism. The article also examines the story of Edouard Drumont, one of the leaders of French anti-Semitism, who returned to the Catholicism of his origins and was the author of the highly influential La France juive (1886). In these authors’ work, one may note the transition from anti-Judaism to Catholic anti-Semitism, and their intertwinement..

Keywords:  anti-Semitism, conversion, Joseph Lémann, Augustin Lémann, Edouard Drumont.

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