Numero 1
gennaio - marzo 2017 anno 58

Sommario e abstract degli articoli

Il saggio è dedicato alla figura di Anatolij Lunačarskij, futuro ministro della cultura della giovane repubblica dei Soviet, durante la rivoluzione del 1917. Socialdemocratico internazionalista, come amava definirsi, Lunačarskij si adoperò invano nel 1917 per ricomporre la lacerazione fra le due ali della socialdemocrazia russa, bolscevichi e menscevichi, nella convinzione che soltanto l’unità delle sinistre potesse, nella drammatica condizione in cui si trovava la Russia rivoluzionaria, evitare al paese lo scivolare verso la dittatura bolscevica e la guerra civile. Attraverso una fonte poco nota, e cioè le lettere alla moglie rimasta in Svizzera, si mette in evidenza, in particolare, la lucida e sofferta percezione che aveva Lunačarskij, a partire dalle tragiche giornate di luglio, del montare della collera dalle viscere della società e dell’inesorabile precipitare della situazione, col progressivo restringersi dei margini di scelta per i diversi attori.
Parole chiave: Lunacarskij, socialdemocrazia russa, Rivoluzione russa, 1917, bolscevichi, intelligencija russa.

 

«We are on a volcano»: Russia convulsed by revolution in the letters of Lunačarskij

This essay is dedicated to the figure of Anatolij Lunačarskij, future minister of culture of the young Republic of the Soviets, during the 1917 Revolution. An Internationalist Social Democrat as he liked to define himself, Lunačarskij endeavoured in vain in 1917 to mend the laceration between the two wings of Russian Social Democracy, the Bolsheviks and the Mensheviks, in the belief that only the unity of the Left could, in the dramatic state of revolutionary Russia, keep the country from slipping towards Bolshevik dictatorship and civil war. A little-known source – namely letters to his wife in Switzerland – casts light on the lucid and distressed perception that Lunačarskij had, beginning with the tragic July Days, of mounting anger from the bowels of society, and of a situation that was inexorably precipitating with gradually shrinking margins of choice for the various players.
Keywords: Lunačarskij, Russian social democracy, Russian revolution, 1917, Bolsheviks, Russian intelligencija.

In questo contributo si è cercato di proporre un’ulteriore lettura di una delle opere piú famose dello storico Federico Chabod (1901-1960), la Storia dell’idea d’Europa, pubblicata, postuma, nel 1961. La nostra analisi si è soffermata, in particolare, su un aspetto finora poco studiato: la delineazione dei limiti, delle frontiere, dei «contorni» che, secondo Chabod, l’idea d’Europa ha disegnato nel corso dei secoli nello spazio «occidentale». A tal fine sono stati presi in considerazione soprattutto i passi dedicati al disegno «geografico», restituito e interpretato attraverso originali elaborazioni di cartografia tematica.
Parole chiave: storia, storiografia, cartografia tematica, frontiere, Europa.

 

Fluid frontiers and thematic mapping for Federico Chabod’s Storia dell’idea d’Europa (1961)

In this contribution we attempted to introduce a further reading of one of the most famous works by historian Federico Chabod (1901-1960), Storia dell’idea d’Europa (History of the Idea of Europe), published posthumously in 1961. The analysis focuses on an aspect that has been little studied: the delineation of limits, frontiers, and borders which, according to Chabod, the idea of Europe constructed throughout the course of the centuries in its ‘Western’ spaces. To that end, consideration will above all be made of the steps dedicated to «geographic» design, re-established and interpreted by way of original thematic mapping.
Keywords: history, historiography, thematic cartography, frontiers, Europe.

Nel bicentenario della nascita di Bertrando Spaventa

L’articolo ricostruisce le diverse fasi del giudizio di Bertrando Spaventa su Vincenzo Gioberti. Il grande e incompiuto libro del 1863 su La filosofia di Gioberti non rappresenta, infatti, l’unico momento di un confronto che accompagnò tutta la vita intellettuale di Spaventa. Fin dagli scritti giovanili, l’interpretazione della filosofia giobertiana rimase al centro dei suoi interessi e si intrecciò, dal 1851, con la considerazione del rapporto fra Bruno e Spinoza, poi con i temi della «riforma» della dialettica hegeliana. La lettura di Gioberti diventò il fulcro della teoria della «circolazione» del pensiero europeo e trovò massima espressione nelle prolusioni del 1860 e del 1861, insieme alla scoperta di Vico.

Parole chiave: filosofia italiana, idealismo, Bertrando Spaventa, Vincenzo Gioberti.

 

Bertrando Spaventa and Vincenzo Gioberti

This article reconstructs the various phases of Bertrando Spaventa’s judgment on Vincenzo Gioberti. The great and unfinished book The Philosophy of Gioberti (1863) is not in fact the only moment in a research effort that accompanied Spaventa’s entire intellectual life. Beginning with his early writings, the interpretation of Giobertian philosophy remained at the center of his interests, and, after 1851, was interwoven with the consideration of the relationship between Bruno and Spinoza, and with the themes of the «reform» of Hegelian dialectics. Gioberti’s reading becomes the fulcrum of the theory of the «circulation» of European thought, finding its highest expression in the lectures of 1860 and 1861, along with the discovery of Vico.
Keywords: Italian philosophy, idealism, Bertrando Spaventa, Vincenzo Gioberti.

Il saggio ha per oggetto l’influenza di Bertrando Spaventa sul marxismo italiano. Essa era stata già segnalata da Antonio Labriola nella lettera a Engels del 14 marzo 1894, e la lezione del filosofo abruzzese si rileva già nella rielaborazione del «metodo genetico» che, superando la matrice herbartiana, conferisce una impronta originale alla «concezione materialistica della storia» del tardo Labriola. Ma Spaventa ebbe un ruolo importante anche nella formazione di Gramsci e di Togliatti, non solo attraverso la mediazione di Labriola, ma anche per conoscenza diretta dei suoi scritti, che favorí tra il 1917 e il 1919 il superamento dell’originario «crocianesimo» di Gramsci e «attualismo» di Togliatti, dando un’impronta peculiare a un marxismo fondato sulla valorizzazione della soggettività. Rilevante è l’influenza del concetto spaventiano di circolazione europea della filosofia italiana del Rinascimento sulla modulazione gramsciana della traducibilità dei linguaggi scientifici e delle culture nazionali; inoltre anche il ruolo attribuito da Gramsci alle élites intellettuali doveva molto alla visione spaventiana dei filosofi e della rivoluzione. Dal superamento dei residui positivistici del marxismo di Labriola derivava infine la concezione del soggetto elaborata nei Quaderni del carcere e poi valorizzata da Togliatti ricollegando la filosofia della praxis gramsciana alla riforma spaventiana dell’hegelismo. Si delineava cosí una genealogia del marxismo italiano, saldata alle correnti progressive della cultura nazionale, che costituí la base della politica culturale del Pci togliattiano.
Parole chiave: circolazione europea della filosofia italiana, traducibilità dei linguaggi, filosofia della praxis, marxismo e cultura nazionale.

 

Bertrando Spaventa in Italian Marxism

The essay deals with Bertrando Spaventa’s influence on Italian Marxism. This influence had already been pointed out by Antonio Labriola in the letter to Engels of March 14, 1894, and the lesson of the Abruzzo philosopher is already revealed in the reworking of the «genetic method» which, overcoming Herbart’s matrix, marks the «materialistic conception of history» in late Labriola in an original way. But Spaventa also played an important role in the formation of Gramsci and Togliatti, not only through the mediation of Labriola, but also through direct knowledge of his writings, which helped overcome Gramsci’s original «Crucianism» between 1917 and 1919, and Togliatti’s «actualism», thus giving a special slant to a Marxism based on the enhancement of subjectivity. Of significance is the influence of Spaventa’s concept of European circulation of Italian Renaissance philosophy on the Gramscian modulation of the translatability of scientific languages and national cultures; furthermore, the role Gramsci attributed to intellectual elites owed much to Spaventa’s vision of philosophers and revolution. Lastly, from the overcoming of the positivist remains of Labriola’s Marxism, the conception of the subject was elaborated in the Prison Notebooks and then appropriated by Togliatti, by linking the philosophy of Gramsci’s praxis to Spaventa’s reform of Hegelism. Thus, a genealogy of Italian Marxism emerged, bound to the progressive currents of national culture, which constituted the basis of the cultural policy of Togliatti’s Pci.

Keywords: European circulation of Italian philosophy, language translatability, «filosofia della praxis», Marxism and national culture.

Opinioni e Dibattiti

Il saggio è parte di una piú ampia riflessione dell’autore sulla restituzione di efficacia alle politiche economiche ai fini della crescita. Tre lemma radicati nella fenomenologia storica sono dichiarati e appaiono cruciali per un nuovo consensus: unitarietà delle scienze sociali e interazione strutturale tra preferenze economiche ed extra-economiche; interconnessioni ineludibili tra politica fiscale monetaria, da sostituire a una visione di sostanziale indipendenza dei due strumenti; rendimenti di scala costanti o crescenti. Il saggio passa quindi ad analizzare su basi storiche incoerenze cruciali della nozione di aspettative razionali (postulato di razionalità, assioma di validità della teoria quantitativa della moneta ecc.), sulla quale fondano politiche e istituzioni contemporanee primarie, insieme ad importanti conquiste cui detta nozione ha portato (messa a fuoco degli effetti di fenomeni puramente cognitivi, soluzione dei problemi classici del lag e della sluggishness delle politiche economiche). Una migliore comprensione dei fenomeni psichici, piuttosto che meramente cognitivi e razionali, emerge come acquisizione scientifica necessaria per il disegno di politiche economiche efficaci per la crescita. L’attenzione si sposta poi sulla teoria quantitativa della moneta. Si mostrano elementi logici e storici che invalidano la teoria. I dati mostrano anche due importanti fenomeni di banalità pro tempore e non-banalità diacronica. L’invalidazione della teoria quantitativa ha implicazioni di essenziale importanza per le politiche. Tra queste, la possibilità di politiche economiche espansive senza inflazione, la confutazione della inefficacia delle politiche fondata sulla curva di Phillips verticale, la necessità di una diversa e piú robusta teoria per il price setting e l’influenza della banca centrale sui prezzi. Si anticipa la nozione di convenzioni come strumento per la spiegazione di molti dei fenomeni illustrati e per la soluzione dei problemi di policy. Un nuovo e più efficace consensus riguardo le politiche economiche per la crescita comporta una importante riforma del trattato di economia dominante. Deve includere consapevolezza riguardo le dinamiche delle convenzioni piuttosto che le aspettative razionali, adesione alla unitarietà delle scienze sociali, inclusione dei processi irrazionali ed emotivi insieme a quelli razionali, abbandono della teoria quantitativa della moneta, dettagli analitici sulle interazioni tra politica fiscale e monetaria e chiarificazione delle loro effettive differenze, sostituzione all’assioma di rendimenti decrescenti del contesto storico prevalente di rendimenti costanti e crescenti.
Parole chiave: politica economica, crescita, aspettative razionali, teoria quantitativa della moneta, convenzioni.

 

The effectiveness of fiscal and monetary policy, between theory and history. Beyond rational expectations and the quantity theory of money

The essay is part of the author’s wider reflection on restoring the conditions of effectiveness to economic policies for growth. Three headings established on historical grounds are declared as crucial to a new consensus: the unity of social sciences and the essential interaction between economic and extra-economic preferences; strong interconnections between fiscal and monetary policies; constant or increasing returns of scale. The essay then examines on historical grounds the crucial inconsistencies of the notion of «rational expectations» (postulate of rationality, reliance on the quantity theory of money, etc.), upon which major contemporary policies and institutions are based, along with important advances it has permitted (focus on the effect of purely cognitive phenomena, solution of the classic problems of sluggishness and lagging behind). A more robust comprehension of psychic phenomena, instead of merely cognitive and rational ones, emerges as a necessary scientific acquisition towards designing effective policies for economic growth. Attention is then paid to the quantity theory of money. Logical and historical elements invalidating the theory are shown. Data also illustrate aggregate phenomena of pro tempore banality, and diachronic nonbanality. The invalidation of the quantity theory has major economic implications. These include the possibility of expansive fiscal and monetary policies without inflation, the denial of the vertical Phillips curve ineffectiveness bias, and the need for a sounder theory of price setting and of inflation control by the central banks. The notion of conventions is anticipated as an instrument to explain most of the phenomena illustrated and to solve major policy problems. A new and more robust consensus on economic policy for growth means reforming the dominant treaty of economics. It has to include awareness with regard to the dynamics of conventions rather than to rational expectations, adhesion to the unity of social sciences, allowance for irrational, emotive processes along with rationality, abandonment of the quantity theory of money, analytics of differences and interactions between fiscal and monetary policies, and substitution of the axiom of decreasing returns with the prevailing historical context of constant and increasing returns.
Keywords: economic policy, growth, rational expectations, quantity theory of money, conventions.

Ricerche

L’articolo esamina la complessa elaborazione delle politiche di gestione dell’emergenza in una società di antico regime, a partire dai racconti del disastro fatti dai sopravvissuti e dalle richieste di soccorso inviate alle istituzioni centrali. L’analisi si concentra in primo luogo su memorie e suppliche inviate al governo napoletano all’indomani del terremoto calabro-messinese del 1783, allo scopo di esplorare i processi sociali, politici e culturali attraverso cui la circolazione d’informazioni e di petizioni condusse alla fissazione d’influenti interpretazioni della calamità. L’analisi dei circuiti comunicativi da essa attivati consente di valutare l’influenza che le diverse letture dell’evento naturale ebbero sulla preparazione del programma di ricostruzione, e di mostrare che in tale processo le istanze delle comunità colpite non rimasero del tutto inascoltate.
Parole chiave: disastri naturali, ricostruzione, suppliche, comunicazione politica, Calabria.

 

Disaster writings and aspirations for reform in the Kingdom of Naples (1783). The making of emergency response policies

This article addresses the complex making of emergency response policies by early modern societies, by analysing the recollections of disaster shared by survivors and their calls for aid and relief. Research focuses primarily on accounts and pleas sent to the Neapolitan government in the wake of the Messina and Calabria earthquake of 1783, and aims to cast new light on the social, political and cultural processes by which the circulation of information and petitions led to the construction of influential narratives of extreme events. By studying the exchange of information spurred by such events, I will assess how the different interpretations influenced the making of the strategy for recovery, and show that the aspirations and needs expressed by the affected communities did not go entirely unheard.
Keywords: natural disasters, post-disaster recovery, petitions, political communication, Calabria.

La «Guerra Gran» (1793-95): percepción y memoria de la guerra contra la Revolución francesa, en Cataluña La guerra contra la Convención francesa entre 1793 y 1795 es conocida en Cataluña como la Guerra Gran. ¿Cómo se explica que esta calificación se haya mantenido como identificadora de aquel conflicto incluso después de haberse registrado conflictos aparentemente de mayor envergadura (como las guerras napoleónicas)? Para dar respuesta a esta cuestión se subraya en este artículo el interés de analizar la percepción de la guerra por parte de sus contemporáneos así como la voluntad de formación de su memoria histórica.

Palabras clave: guerra, Revolución francesa, «guerra grande», Cataluña, 1793-95, memoria histórica.

 

The «Guerra Gran» (1793-95): Perception and memory of the war against the French Revolution in Catalonia

The war against the French Convention between 1793 and 1795 is known in Catalonia as the «Guerra gran» (the «Great War»). How can we explain the fact that this conflict still bears that name, even after other later and greater wars – such as for instance the Napoleonic War – have taken place? In response to this question, this article remarks on the interest in analyzing the perception of the war by its contemporaries as well as the will of formation of their historical memory.

Keywords: war, French revolution, «Great War», Catalonia, 1793-95, historical memory.

Il 6 maggio del 1938 Adolf Hitler, Benito Mussolini e alcuni esponenti dei governi nazista e fascista visitarono la Mostra Augustea della Romanità, presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. L’episodio avvenne nell’ambito del viaggio che il Führer svolse in Italia in quei giorni, e rappresentò un momento simbolico di estremo interesse nel processo che dall’Asse Roma-Berlino sfociò nel Patto d’Acciaio. In quell’occasione, infatti, Hitler dimostrò una rispettosa ammirazione nei confronti dell’antichità romana, che ribadí poi il giorno successivo quando decise di tornare nuovamente alla Mostra Augustea e quando, durante la cena d’onore a Palazzo Venezia, valorizzò la funzione altamente propagandistica dell’incontro tra romanità e germanesimo.
Parole chiave: Hitler, 1938, Mostra Augustea della Romanità, mito di Roma, relazioni italo-tedesche.

 

Hitler in Rome: A journey between ancient history and politics9

On May 6 1938, Adolf Hitler, Benito Mussolini and a number of representatives of the Nazi and Fascist governments visited the Mostra Augustea della Romanità in Rome’s Palazzo delle Esposizioni. This took place on the occasion of the journey that the Führer made to Italy during those days, and represented an extremely interesting symbolic moment in the process that, from the Rome-Berlin Axis, gave rise to the Pact of Steel. In fact, on that occasion Hitler showed a respectful admiration for Roman antiquity, which he confirmed the following day when he decided to make another visit to the Mostra Augustea and when, during the dinner given in his honour at Palazzo Venezia, he expressed his appreciation of the highly propagandistic function of the meeting between Romanity and Germanism.
Keywords: Hitler, 1938, Mostra Augustea della Romanità, myth of Rome, Italian- German relations.

Note critiche

Napoli conobbe lungo l’intero arco del Medioevo, ma soprattutto nei secoli XIIIXV, intense dinamiche politico-sociali, che si svilupparono in un contesto urbanistico caratterizzato da un forte radicamento territoriale sia dei clan nobiliari sia degli organismi associativi dei ceti popolari. Nel corso del Trecento la monarchia angioina, impegnata a ricondurre ad un unico modello organizzativo le istituzioni di governo locali e a ridurre le tensioni sociali, favorí l’aggregazione dei clan nobiliari in cinque grandi raggruppamenti detti seggi e delle ripartizioni territoriali del popolo in un unico grande seggio del Popolo, che però solo nel 1495 riuscí ad esprimere un proprio rappresentante al vertice dell’amministrazione municipale (consiglio dei Sei). I membri dei seggi nobiliari esercitavano un forte controllo sul territorio nel quale erano radicati ed avevano, come tutti i nobili del tempo, familiarità con le armi e un codice di comportamento del quale era parte integrante la vendetta su una persona, una famiglia o un gruppo di famiglie, ma non è possibile compiere un salto dal Tre-Quattrocento al XXI secolo, per collegare mediante «una linea lunga e retta» le dinamiche politico-sociali della Napoli medievale con il sistema criminale della camorra di oggi.

Parole chiave: Napoli angioina, dinamiche politico-sociali, nobiltà, popolo, camorra.

 

Foreign immigration in Republican Italy: early stages and lines of development, 1963-1979

Throughout the Middle Ages, but especially between the 13th and the 15th centuries, Naples experienced intense political and social dynamics, which developed in an urban context characterized by a strong local presence of both noble clans and popular associations. During the 14th century, the Angevin monarchy, having committed to leading the local institutions to a unique organizational model and to alleviating social tensions, encouraged the aggregation of the noble clans into five major groups called «seats», and the grouping of associations of the working classes into one large «seat of the People». Only in 1495 was the latter able to have its own representative at the summit of the municipal administration («Council of the Six»). Members of the noble seats exercised strong control over the territory in which they were seated and had, like all the nobles of the time, familiarity with weapons and a code of conduct based on revenge on a person, a family or a group of families. Although tempting, it is incorrect to make a leap from the 14th- 15th century to the 21st, by connecting with «a long, straight line» the political and social dynamics of medieval Naples to the present-day criminal system of the Camorra.

Keywords: Angevin Naples, political and social dynamics, nobility, the people, Camorra.

Elenco dei fascicoli pubblicati dal 2010
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